Loretta Rossi Stuart è una mamma coraggiosa. Da quando cinque mesi fa suo figlio, con problemi neuropsichiatrici, è stato arrestato per un furto da 60 euro, combatte per avere giustizia. Invece di essere portato in una Residenza per l’esecuzione della pena, il ragazzo è stato rinchiuso in una cella a Rebibbia.
Il caso sarà al centro di un convegno che si pone l’obiettivo di attivare una comunicazione tra gli attori in campo, atto a favorire la necessaria evoluzione della riforma che ha portato alla chiusura degli O.P.G.
Un iter che in questo momento di stasi, provoca il non rispetto e la non tutela dei diritti umani. Giacomo e sua madre, affiancata e sostenuta da associazioni e figure che hanno abbracciato questa causa, si fanno portavoce di un’ingiustizia che riguarda molte altre persone e chiedono soluzioni a beneficio delle tante categorie coinvolte e danneggiate da questo stato di cose, nonché delle generazioni future.
L’vento avrà inizio alle 10, nella sede della Fondazione Don Luigi di Liegro, in via Ostiense 106, con una sessione di approfondimento che vedrà l’alternarsi di esperti del settore su detenzione e disagio psichico. Alle ore 11.30 seguirà la proiezione del docufilm di Loretta Rossi Stuart “Io combatto” con Giacomo Seydou Sy. Il dibattito sarà moderato da Elisa Caponetti, psicologa specialista in Psicologia Giuridica, Consulente Tecnico d’Ufficio e Perito del Tribunale.
Articolo Ventuno ha rilanciato il suo appello per chiedere il rispetto dei diritti di suo figlio.
Giacomo è in cella ma dovrebbe curarsi. Ha poco più di 25 anni ed è affetto da bipolarismo motivo per il quale, secondo la relazione psichiatrica, è ”inadatto al regime carcerario”.
Il suo caso, nonostante sia di dominio pubblico e sia stato preso in carico dal Garante dei detenuti del Comune di Roma, Gabriella Stramaccioni, sembra destinato a non trovare una soluzione.
Articolo 21 ha deciso di affiancare la mamma del giovane, Loretta Rossi Stuart, in questa battaglia di giustizia e diritti, raccogliendo il suo appello ad aiutarla a salvare suo figlio.
Il problema è rappresentato dalla mancanza di posti nelle Rems, le strutture che hanno sostituito gli ospedali psichiatrici giudiziari chiusi per legge. Attualmente nel Lazio sono in 43 ad attendere il ricovero, 200 in tutta Italia.
Nell’attesa che se ne liberi uno chi è stato incarcerato con patologia che richiedono assistenza specializzata deve restare dietro le sbarre.
“Mio figlio è bipolare, non dovrebbe stare in carcere, lo dice la legge, ma nelle strutture psichiatriche previste per lui. E’ esasperato dalla situazione. Continua a resistere ma è assolutamente consapevole che lui non dovrebbe essere in cella. La mia battaglia è per lui e per gli altri che aspettano chiusi in carcere quando dovrebbero essere curati altrove. Spero che la mia battaglia serva almeno a questo: a dare voce a chi non ce l’ha” aggiunge questa madre coraggio che in questi mesi non ha smesso un solo istante di combattere per i diritti di suo figlio.
E gli esperti, le autorità in materia le danno ragione.
Come la garante dei detenuti per il Comune di Roma Gabriella Stramaccioni che ha evidenziato sulla necessità di aumentare i centri Rems spesso “sovraffollati perché le strutture vengono concesse a chi ha misure provvisorie e non a chi ha misure definitive”.