BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

“Salviamo Cinecittà, bene comune”. Oltre 18mila firme consegnate a Napolitano

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I lavoratori di Cinecittà hanno consegnato 18.300 firme al Presidente Giorgio Napolitano. 90 giorni di occupazione e una petizione condivisa da migliaia di donne e di uomini diverse per estrazione politica e culturale accomunati dalla convinzione che non debba chiudere la fabbrica più importante della fantasia italiana. Gli operai di Cinecittà e gli operatori culturali sono convinti che “la proprietà è comune, pubblica o privata. Sono beni comuni i beni fuori commercio ed in proprietà collettiva demaniale, originariamente destinati alla fruizione ed all’uso pubblico. Essi sono costituiti da parte del territorio o da materiale testimonianze di civiltà, che hanno la funzione di soddisfare direttamente bisogni primari dell’uomo. Tali beni appartengono alla collettività a titolo di sovranità e sono inalienabili, ed inespropriabili nella maniera più assoluta. La demanialità di detti beni non può venir meno per effetto di atti legislativi ed amministrativi. Eventuali atti di alienazione sono affetti da nullità assoluta. La gestione di detti beni appartiene allo stato”. Compresa Cinecittà.

La petizione popolare dei lavoratori di Cinecittà rivolta al Presidente della Repubblica, è un segnale importante al Presidente di Studios Luigi Abete, la sua impopolarità cresce sempre più con questo progetto scellerato. Si chiede al Quirinale di «salvare e valorizzare il patrimonio professionale, artistico e culturale di Cinecittà, famoso in tutto il mondo.

Cinecittà non è solo il luogo dove è nato il cinema migliore, ma dove si deve creare ancora cinema (e non solo); deve essere il centro promotore di tutta l’industria cinematografica, una Cittadella della Cultura, come ribadisce il progetto già presentato dall’associazione Poliprofessionale Art. 9 Cultura & Spettacolo e acquisito dal Consiglio dei Ministri e dal MiBAC. Oggi il Presidente Napolitano è un punto di riferimento istituzionale della democrazia nel Paese. E’ quindi inevitabile che una vicenda che riguarda un pezzo della storia italiana arrivi al Quirinale. E che ci auguriamo si concluda positivamente.


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