Renzi, soprattutto di lotta e poco di governo, attizza il fuoco delle polemiche. Un coro di repliche
Di Pino Salerno
Doveva essere consegnata al Parlamento il 21 ottobre e, con due settimane di ritardo, la legge di Bilancio approda in Senato, dopo l’ok della Ragioneria dello Stato e la firma del capo dello Stato, Sergio Mattarella. Lunedì la presidenza di palazzo Madama vedrà sulla sua scrivania il testo della Manovra del governo giallorosso, aprendo ufficialmente la sessione dedicata martedì pomeriggio con le consuete comunicazioni del presidente, che assegnerà alla commissione Bilancio la legge. Tutti gli organismi parlamentari saranno impegnati ad esaminare il documento praticamente in sede esclusiva, con il diktat di non affrontare provvedimenti che potrebbero modificare i ‘conti’ dello Stato messi già nero su bianco. Inizierà quindi il Senato che con la Camera condividerà le audizioni dei principali attori di questo tema (Bankitalia, Corte dei Conti, Upb e soprattutto il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri), avendo ciascuna soltanto 30 giorni di tempo per raggiungere l’obiettivo di licenziarla entro il 31 dicembre. Pena l’esercizio provvisorio e l’aumento dell’Iva. E mentre palazzo Madama avrà per le mani il faldone composto da 119 articoli racchiuso in 90 pagine, Montecitorio vedrà impegnata la commissione Finanze nell’esame del decreto legge fiscale che, come collegato alla Manovra, cammina di pari passo con essa. I tempi sono strettissimi, anche perché dalla maggioranza sono state già annunciate modifiche al testo, che andranno a scontrarsi con chi ancora oggi detiene la presidenza delle commissioni interessate: la Lega. Matteo Salvini ha assicurato “battaglia” promettendo che “se necessario li terremo giorno e notte chiusi in Parlamento, perché l’Italia di tutto ha bisogno tranne che di nuove tasse e che decidono l’ordine dei lavori”. E se in Senato la guida della commissione Bilancio è affidata al pentastellato Daniele Pesco, il governo e la Manovra alla prova di Montecitorio troveranno Claudio Borghi, esponente del Carroccio, nonché anti-euro convinto. Insomma, se ne vedranno delle belle, trapela da ambienti parlamentari, soprattutto quando sarà Borghi a decidere l’ammissibilità degli emendamenti e l’ordine dei lavori.
Intanto, sempre lunedì, dalle ore 19, torna il confronto del premier coi sindacati a palazzo Chigi proprio sulla manovra, dopo le costanti richieste di Cgil, Cisl e Uil. E sono ancora molti i punti delicati sui quali i sindacati insistono, a partire dagli investimenti, dalla creazione di lavoro, dall’occupazione giovanile e dalle pensioni.
E se la Manovra porta con sé numerose polemiche, il fattore tempo rischia di essere decisivo
Il grosso del lavoro dovrebbe essere fatto proprio in Senato, cercando di sciogliere i nodi che ad ora infiammano il dibattito politico e arrivare alla Camera (presumibilmente i primi di dicembre) per un esame veloce. In caso contrario la Manovra dovrebbe tornare a palazzo Madama in terza lettura. A far discutere, una serie di microtasse che valgono 1,8 miliardi nel 2020 e 2,5 miliardi nel 2021. Tra queste le misure che hanno infiammato il dibattito sono la plastic tax, la stretta sulle auto aziendali e la sugar tax sulle bibite zuccherate. Mentre su quest’ultima il Tesoro non avrebbe intenzione di recedere, perché le ricadute non sarebbero pesanti, sulle prime due il governo ha fatto sapere che si apriranno due tavoli tecnici distinti con le imprese coinvolte e che molto probabilmente saranno rinviate, trovando altrove le risorse. I temi su cui discutere restano comunque numerosi, come del resto la pioggia di emendamenti che saranno depositati sia dalla maggioranza che dall’opposizione. Il tutto però dovrà consumarsi entro il d-day fissato al 31 dicembre. E su questo non sono ammessi ritardi, soprattutto dall’Unione europea.
Renzi attacca il governo prendendo spunto dalla tassa sulla plastica e chiama in causa Bonaccini, che non ci sta
La misura sulla plastica ha riscaldato il dibattito politico, soprattutto nella maggioranza, con le critiche del leader di Italia Viva Matteo Renzi e del governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, anche in vista delle prossime elezioni in Emilia Romagna dove si produce una quota importante del packaging europeo in 228 aziende con 17mila addetti. Renzi ha nuovamente scaldato il dibattito sulla durata del governo e sulle tasse. In un colloquio con il Corriere della Sera, Renzi torna sul suo messaggio ai partner di governo inviato ieri dalle colonne del Messaggero. “Io – prosegue – ho semplicemente fatto notare che, spostando di soli due mesi il taglio del cuneo fiscale, risolviamo contabilmente molti problemi…”. Quanto alla plastic tax, “andate a chiedere a Stefano Bonaccini, che guida la prima Regione italiana per imballaggi, la stessa che andrà al voto a fine gennaio, se è d’accordo o meno con la legge sulla plastica… Ci sono tantissime soluzioni che si possono trovare evitando una stangata e magari evitando di perdere com’è successo in Umbria. Vale anche per i produttori di agrumi in Sicilia, che saranno colpiti dalla tassa sulle bevande zuccherate”. Insomma, l’avviso di Renzi è un ‘evitare gli autogol’, che appare suggestivo, ma nasconde l’intenzione di mettere in difficoltà l’esecutivo attuale, divenendo magari il king maker del prossimo, senza il presidente Conte. Una smentita a Renzi arriva dallo stesso Bonaccini, intervistato da Lucia Annunziata su Rai3. “Qui in questa terra facciamo il 62-63% del fatturato italiano. Abbiamo bisogno della riconversione ecologica, assolutamente sì, Lega e destra non hanno saputo dire nulla, la sinistra in ritardo e deve recuperare. Da mesi stiamo discutendo e confrontandoci sul territorio” per “inserire misure plastic free” ma senza balzelli”. Ed ecco la notizia: “Ho sentito Gualtieri questa mattina, le do una notizia: tra pochi giorni faremo un tavolo dal ministro e successivamente verrà anche in Emilia Romagna”. Insomma, è un modo per prendere le distanze da Renzi, per evitare di essere tirato per la giacchetta in una trappola da “guastatore”.
E su Renzi si alza il vento delle critiche, da Gualtieri a Fratoianni a Zingaretti a Speranza
Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha provato a richiamare all’ordine la maggioranza. “Mi sorprende una maggioranza che sembra fare propaganda contro la propria legge di bilancio. Anche perché, come è noto, era il frutto di un lavoro collegiale ampiamente condiviso” dice Roberto Gualtieri, in un’intervista a La Stampa. “In una discussione che tende a concentrarsi sui dettagli – aggiunge – vorrei che non fosse smarrito il quadro di insieme: siamo riusciti a fare quello che tutti fino a poco fa ritenevano impossibile: evitare 23 miliardi di aumento automatico dell’Iva con una Manovra che non è di lacrime e sangue, ma che al contrario sostiene il lavoro, gli investimenti e il Welfare”, afferma il ministro. “Riduce le tasse per quasi 27 miliardi, mentre alcuni pare facciano del loro meglio per convincere gli italiani che le aumentiamo”, aggiunge, lanciando una stoccata a Renzi e sottolineando che “dovremmo evitare di fare opposizione al posto di Salvini”. Sulla stessa linea Nicola Zingaretti, segretario del Pd: “se qualcosa non va, in uno spirito unitario si affronterà come sempre è avvenuto nel percorso parlamentare. Ma bisogna farlo insieme e uniti dalla parte dei cittadini. Per noi democratici non si governa per occupare poltrone litigando tutti i giorni, ma per costruire un altro tipo di futuro. Per noi governare non è un privilegio, è responsabilità. Su questo bisogna essere chiari: solo condividendo questo spirito è utile andare avanti”. Nicola Zingaretti affonda infine il colpo su Renzi: “ora – sostiene il leader Pd – è tempo di credibilità per ricostruire fiducia e speranza. Il Partito Democratico lavora per questo. Nella Manovra finalmente abbiamo evitato la slavina dell’aumento dell’Iva, finalmente tagliamo le tasse e alziamo gli stipendi al ceto medio, mettiamo 11 miliardi sugli investimenti verdi e rifinanziamo industria 4.0, aboliamo il ticket sulla sanità, detassiamo fino al 90% il rifacimento delle facciate dei palazzi, si riprende a investire sulla sicurezza urbana e potrei continuare su misure che fino a qualche mese fa sembravano impossibili”.
Il fuoco della polemica contro Renzi viene alimentato anche da sinistra
A sua volta il leader di Articolo1 e ministro della Salute Roberto Speranza avverte in un’intervista al Corriere della sera che “rimettere in discussione Conte ora sarebbe un errore clamoroso, senza senso. La cosa più folle e più sbagliata oggi è parlare di noi e non delle cose da fare nel Paese”. Insomma, sostiene Speranza, “l’ultima cosa che dobbiamo fare ora è inseguirci con discussioni da fantapolitica”. Gli si chiede se Renzi fa il populista come Salvini. “Non farei questo paragone – risponde – Salvini è un unicum, è il rappresentante della nuova destra. Però voglio dire a Renzi, ma anche a tutti gli altri, che stare al governo non è uno scherzo, è una battaglia che si combatte se sei convinto che c’è un progetto di Paese da realizzare. Non puoi stare al governo con un piede dentro e uno fuori”.
Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana scrive in una nota: “A Renzi e a chi la vede come lui – prosegue il parlamentare di Leu – vorrei ricordare tre cose: 1. quelli che sono contro le tasse avevano lasciato in eredità un aumento dell’Iva che avrebbe messo in mutande milioni di italiani. Averne evitato l’aumento è un atto di per sé significativo. 2. Un aumento di 4 centesimi di euro sulle bottigliette di plastica non risolve certamente i nostri problemi, e forse si sarebbe potuto intervenire in modo più efficace. Ma si tratta di una scelta che serve (senza mandare in rovina nessuno) a indicare una strada, la politica industriale di questo Paese va orientata alla transizione ecologica. 3. In Italia si continua ad eludere un nodo fondamentale: in pochi stanno accumulando enormi ricchezze a discapito dei molti. Qui bisogna intervenire con un prelievo mirato”. Fratoianni introduce infine la questione della patrimoniale, da sempre uno dei cavalli di battaglia della sinistra. “L’ho detto più volte: oltre un patrimonio di 1 milione di euro si deve richiedere un 1,5% di contribuzione in più, che frutterebbe quasi 30 miliardi di euro, con cui potremmo rispondere alle esigenze di chi non ha un lavoro, dei più giovani, di chi non ha futuro. Ecco, questo coraggio ci vuole, – conclude Fratoianni – altro che le chiacchiere. Per questo ci batteremo”.