La mafia del Gargano è tornata alla ribalta mediatica alcuni giorni fa quando i carabinieri di Foggia hanno arrestato una quindicina di esponenti del clan Raduano di Vieste e, poco dopo, Michele Notarangelo esponente di spicco dell’omonimo clan garganico.
Una mafia violenta, tra le più efferate come si sforzava di far capire già nove anni fa Domenico Seccia, allora Procuratore della Repubblica di Lucera.
E le intercettazioni ambientali fatte in quest’ultima operazione antidroga in cui uno dei componenti il clan minaccia di uccidere un rivale con “un martello, in mezzo alla strada e di mangiargli il cuore” (omicidio sventato per poco), confermano la ferocia del sodalizio criminale.
Il traffico degli stupefacenti resta sempre in cima alla classifica delle attività illecite “predilette” dalla mafia garganica che, insieme alla società foggiana e alla criminalità cerignolese, si spartiscono il territorio della provincia alla ricerca di equilibri che non appaiono ancora definiti e vengono rimessi in discussione dopo gli intensificati interventi delle forze di polizia e della magistratura.
Vieste, in questo scenario, appare una (piccola) strategica cittadina sia nello spaccio che come approdo di gommoni carichi marijuana provenienti dall’Albania. E’ a Vieste che si contrappongono “le opposte fazioni dei clan Raduano e Iannoli-Perna” (relazione DIA, luglio 2019).
Giusto un anno fa circa, nelle acque territoriali antistanti Vieste, la guardia di finanza intercettò un gommone con un carico di 1.800kg di marijuana, arrestando due albanesi. E’ a questi ultimi che “viene garantito lo sbarco degli stupefacenti (soprattutto marijuana) in larga scala, sulla litoranea garganica, nonché la gestione, a livello locale, di una florida piazza di spaccio durante il periodo estivo”.
Un coinvolgimento ed integrazione dei gruppi albanesi sul territorio che appare sempre maggiore (141 gli albanesi denunciati nel 2018 per traffico di stupefacenti sul totale di 355 stranieri nella regione Puglia, con un incremento del 53,26% rispetto al 2017) e che si realizza anche nella coltivazione di marijuana.
Si pensi che nel 2019, alla data del primo ottobre, nella provincia di Foggia le forze di polizia hanno individuato 13.703 piante di cannabis di cui 13.128 nel solo mese di settembre e sequestrati circa 48kg complessivi di stupefacenti. Quantitativi di droghe, a ben vedere, modesti (i dati, lo ricordiamo, sono provvisori e vengono elaborati mensilmente dalla DCSA) se raffrontati a quelli dell’intero 2018 quando i sequestri di stupefacenti furono di 4.227,56kg di cui 4.018,21kg di marijuana (valori superati a livello regionale solo da Lecce) e 39.011 le piante di cannabis (seconda provincia dopo Barletta/ Andria con 56.182 piante).
La pericolosità del clan Raduano è emersa, in particolare, l’anno scorso al termine di due importanti operazioni (Neve Fresca e Agosto di fuoco, condotte, rispettivamente, dalla Polizia di Stato e dai Carabinieri, nel periodo agosto-settembre 2018) che hanno consentito di delineare, tra l’altro, “le caratteristiche fondamentali dell’organizzazione, che presenta una struttura verticistica con ferree gerarchie, metodologia mafiosa, gestione di una cassa comune, disponibilità di risorse ed uomini, nonché di luoghi (masserie, terreni e casolari) dove tenere i summit e nascondere stupefacenti e armi” (relazione DIA citata).
E’, comunque, tutto il promontorio che appare sempre più contaminato da presenze criminali impegnate nello spaccio di stupefacenti, nella gestione delle piantagioni di cannabis e nelle estorsioni in danno di imprenditori, a cominciare da Rignano Garganico con il clan Di Claudio-Mancini, a Sannicandro Garganico con il gruppo Ciavarrella-Giovanditto in contrasto con il clan Tarantino, a San Giovanni Rotondo con il clan Prencipe, a Vieste con i Frattaruolo che esercitano la loro influenza anche a Manfredonia.
Uno scenario per nulla tranquillizzante.