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L’incubo della “par condicio”

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Che c’entra un’inchiesta giornalistica di Report con la legge sulla “par condicio”? Quest’ultima, la n.28 del febbraio 2000, riguarda la regolazione della comunicazione politica nei periodi di campagna elettorale (scadenze nazionali, referendarie, regionali o locali che tocchino almeno una parte rilevante del territorio). Sia durante il periodo della campagna in senso stretto, sia -per i principi generali- nel corso dell’intero anno. In ogni caso, ed essendo inverosimile considerare il voto umbro la pietra dello scandalo, un’inchiesta come quella di Report sui rapporti tra la Lega e la Russia non ha proprio niente a che fare con le previsioni di legge. Tra l’altro, nel corso della puntata, non c’è stato neppure dibattito politico tra esponenti italiani. Purtroppo, la legge del 2000 vanta un numero altissimo di citazioni, anche da chi non l’ha letta. I due consiglieri di amministrazione della Rai, della Lega e di Fratelli d’Italia, hanno preso, dunque, un abbaglio. Tanto più che, dai dati recenti forniti dall’Autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni, Matteo Salvini continua imperterrito a primeggiare nei telegiornali pubblici e privati in tempi di parola e di antenna. E in questo caso la “par condicio” c’entra e molto. In verità, della vicenda “Russiagate” non si sa e non si deve sapere. Ma l’informazione libera è più forte dei suoi denigratori. E la redazione di Report è un esempio straordinario di buon giornalismo critico e indipendente.


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