La Corte suprema dell’autoproclamata Repubblica popolare del Donetsk ha condannato a 15 anni di colonia penale di massima sicurezza il giornalista ucraino Stanislav Aseev per “spionaggio” ed “estremismo”.
Aseev aveva continuato a lavorare a Donestk, firmandosi con uno pseudonimo, anche dopo che nel 2014 gruppi armati filo-russi avevano preso il controllo della città. Era scomparso il 2 luglio 2017 e riapparso dopo due settimane nelle mani delle autorità locali, accusato di “organizzazione di una comunità estremista” e “spionaggio”.
Nell’agosto 2018 l’emittente russa “Rossiya 24” aveva trasmesso un’intervista in cui Aseev confermava di essere una spia: operazione della cui spontaneità è lecito dubitare.
La libertà di stampa in Ucraina, anche nelle zone controllate dal governo, è sempre più a rischio: le indagini sui giornalisti uccisi non vanno avanti e vengono aperte inchieste politicamente motivate nei confronti di giornalisti indipendenti.
Il 23 ottobre il Sindacato nazionale dei giornalisti ha chiesto al presidente, al governo e al parlamento dell’Ucraina di agire contro gli alti livelli di violenza nei confronti della categoria e l’impunità che viene garantita a chi ne è responsabile.
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