Roberto Maroni dovrebbe chiedere scusa a Roberto Saviano, e non solo. I vertici della Rai dovrebbero riportare l’autore di Gomorra in onda sul servizio pubblico e Raitre replicare la puntata incriminata di Vieni via con me. Vi ricordate di quel programma trasmesso nel novembre 2010 su Raitre, che poi è stato regalato alla concorrenza e che andrà in onda nel prossimo maggio su La7… Vi ricordate di quel programma trasmesso nel novembre 2010 su Raitre, che poi è stato regalato alla concorrenza e che andrà in onda nel prossimo maggio su La7 con un titolo diverso, sempre condotto dalla coppia Saviano-Fazio.
La trasmissione fece il pieno di ascolti al punto che mi fece proporre, visto il gradimento, altre due puntate e di richiedere di inserire la seconda edizione nel palinsesto 2011. In Rai, nel silenzio generale, invece, passò l’ordine di Masi (il servente del Cavaliere e del suo scudiero Romani), di vietare anche il solo pronunciamento del nome di Roberto Saviano.
Lo stesso Masi si fece promotore di sostituire Vieni via con me con una trasmissione di Vittorio Sgarbi che su Rai 1 fece un clamoroso flop al punto da essere chiusa dopo la prima puntata. L’azienda buttò al vento 6 milioni di euro dei contribuenti. Saviano venne “incriminato” da Maroni e da un altro leghista presidente del Consiglio regionale lombardo Boni (indagato successivamente per tangenti), per aver raccontato in Vieni via con me il rapporto tra la ‘ndrangheta e il potere del Nord. Disse: “La ‘ndrangheta al Nord come al Sud cerca il potere della politica e al Nord interloquisce con la Lega”.
Oggi alla luce degli ultimi fatti, secondo la Dda di Reggio Calabria, Romolo Ghiradelli, vicino al clan Di Stefano, è in affari con il tesoriere della Lega Nord, l’ex sottosegretario del governo Berlusconi Stefano Belsito (uno dei componenti del famoso cerchio magico di Bossi), accusato da tre procure di truffa ai danni dello Stato, appropriazione indebita e riciclaggio. Ciò dimostrerebbe l’interlocuzione. Maroni, allora ministro degli Interni, pretese di replicare in trasmissione a Saviano. Tentai di impedirlo in quanto il ministro era andato ospite in tutti i telegiornali e in quasi tutti gli approfondimenti informativi.
Dentro all’azienda fui inascoltato, così lo raccontai il mio pensiero alle agenzie, poi ripreso dai giornali. Masi, dopo aver ordinato la presenza di Maroni, avviò un procedimento disciplinare nei miei confronti: 10 giorni di sospensione. Ma quello che più mi ferì fu la dichiarazione dell’ex ministro Maroni che mi accusò, ingiustamente, di essere recidivo nel vietargli quello che lui considerava un diritto di replica. Quando con Enzo Biagi andavamo in onda su Rai1 con Il Fatto, intervistammo sull’articolo 18 Sergio Cofferrati, secondo Maroni, all’epoca ministro del Lavoro, l’ex segretario generale della Cgil aveva espresso nei suoi confronti alcune falsità. Lui chiese di essere intervistato, io glielo avrei impedito, poi aggiunse: “Dopo qualche giorno fu ucciso Marco Biagi”.
Lascio a chi legge il commento a queste parole. Quando Maroni venne a Vieni via con me per replicare alle “scandalose” parole di Saviano, che aveva semplicemente sostenuto, quello che nei mesi successivi alla puntata è stato più volte dimostrato, che “il codice genetico della Lega non era diverso da quello di altri poteri politici”, fu omertoso. Oggi alla luce degli ultimi fatti, la risposta Maroni: “Si poteva fare qualcosa prima. Ora è il momento di fare pulizia”, è troppo debole. Com’è possibile che questi rappresentanti dei cittadini, che mentre ricoprono ruoli istituzionale avrebbero tutti gli strumenti per scoprire quel torbido che scrittori, giornalisti, attori e persone comuni denunciano da sempre, non siano mai ritenuti responsabili soprattutto per quello che non fanno.