L’aggressione e le minacce subite da Federico Marconi e Paolo Marchetti da parte dei neofascisti il 7 gennaio scorso durante le commemorazioni di Acca Larentia hanno leso il diritto all’informazione e l’articolo 21 della Costituzione. Con questa motivazione il Tribunale di Roma ha ammesso come parti civili al processo a carico di Giuliano Castellino e Vincenzo Nardulli la Federazione della Stampa Italiana, respingendo le eccezioni della difesa dei due imputati che puntava ad escludere il sindacato perché le due parti offese non sono iscritte. Il Tribunale ha invece ritenuto di riconoscere il diritto a stare nel processo della Fnsi in quanto portatrice del diritto all’informazione e ribadito che il ruolo dell’informazione si estrinseca a prescindere dalla iscrizione all’albo o al sindacato, bensì afferisce all’esercizio del diritto di cronaca. In favore dell’accoglimento delle richieste sia della Fnsi che di Ossigeno per l’informazione si era espresso anche il pm Eugenio Abbamonte . L’udienza ha contato molti momenti di altissima tensione. In aula c’erano molti rappresentanti di gruppi dell’ultradestra romana, compreso Roberto Fiore, e si sono fatti sentire con commenti , anche ad alta voce, contro i giornalisti e contro i legali delle vittime, di Ossigeno e della Fnsi, Andrea Di Pietro e Giulio Vasaturo. Folta era, però, anche la delegazione a sostegno dei giornalisti, da Articolo 21, alla Carta di Roma, Anpi, Libera, Nobavaglio, il Presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, e il segretario aggiunto, Vittorio Di Trapani, oltre al vicedirettore de L’Espresso, Lirio Abbate, e Giovanni Tizian. Drammatici alcuni passaggi della testimonianza dei due cronisti aggrediti. “Ho avuto paura, all’inizio non ho detto che ero un giornalista perché non sapevo come uscire da quella situazione, ero stato accerchiato, qualcuno mi ha dato un calcio. Castellino mi ha preso per la giacca e mi ha trascinato lungo un vialetto, mi ha messo le mani nelle tasche e ha preso i miei oggetti personali, le chiavi del motorino, mi ha chiesto di identificarmi e allora gli ho dato la patente, non volevo che vedesse la mia carta d’identità per non fargli scoprire dove abitassi”, sono alcuni dei passaggi della lunga testimonianza di Federico Marconi. Il suo racconto preciso, a tratti velato dall’emozione, rimanda immagini che portano indietro di 90 anni, alle squadracce in azione, appunto.
Come in una cronaca giornalistica Federico Marconi ripercorre la cerimonia, in stile militare di quel 7 gennaio al Verano, descrive il saluto fascista al mausoleo, i discorsi, le frasi pronunciate accanto al cippo, poi la scena di quando lui e Marchetti sono stati scoperti come fossero intrusi. “Ad un certo punto Paolo era a terra, lo avevano sbattuto contro un muretto, io ho fatto delle foto e un video per immortalare quel momento, poi ho messo il telefono in tasca e mi stavo dirigendo verso il luogo in cui era Paolo ma sono stato fermato; è arrivato Castellino e mi ha preso per la giacca e mi ha trascinato lungo la stradina. Mi ha detto “che stai a fa’ qua, non sai con chi stai a parlà…’. Poi ho sentito un calcio, non so chi me lo ha dato, e ancora dopo qualche minuto uno schiaffo fortissimo alla tempia, credo che chi mi ha colpito avesse un anello perché dopo mi hanno fatto male le tempie e le orecchie a lungo”. Una sequenza violenta ricostruita mentre l’aula è tutto un brusio; Vincenzo Nardulli, in fondo, alla sala assiste più o meno impassibile mentre Castellino, tradotto dal carcere, è nervoso e si vede nonostante i sorrisi e i baci che manda ai “suoi” in aula. La polizia penitenziaria deve intervenire più volte per ricordare che gli imputati non possono parlare col pubblico.
Federico Marconi e Paolo Marchetti erano andati al Verano quel giorno per un servizio sui neofascisti e perché la manifestazione era stata annunciata in rete e sui social da Avanguardia Nazionale, ossia da un’associazione sciolta ex legge Scelba e che ciò nonostante poteva preparare celebrazioni pubbliche e parteciparvi con suoi leader. All’appello rispose la crema ritrovata dell’ultradestra (Rivolta Nazionale, Fiamme Nere, Forza Nuova). Tutti presenti e pronti a cacciare gli indesiderati, i curiosi, i giornalisti. Infatti quando Paolo Marchetti viene spinto a terra e dice di essere un giornalista de L’Espresso, scattano gli insulti: “… Siete merde, siete peggio delle guardie”. Poi urla e bestemmie contro i giornalisti, un po’ il copione che si è ripetuto ieri in aula con battute sprezzanti contro la stampa. Per il Presidente della Fnsi, Giulietti, questa udienza conferma “per la seconda volta in un anno che la Federazione nazionale della Stampa è ammessa come parte civile accanto ai giornalisti anche se non sono iscritti” e ricorda che “una scelta analoga è stata fatta nel processo per la morte di Andrea Rocchelli a conferma di un orientamento ormai consolidato che riconosce il diritto dei cittadini ad essere informati, il diritto a fare informazione e quanto stabilito dall’Articolo 21 della nostra Costituzione”