Il ‘corto’ Deep Gold appare come il tentativo di creare un catalogo di incubi novecenteschi alternati a germi di cambiamento antropologico, sovrapponendo o affiancando immagini e sequenze-simbolo della rivoluzione dei costumi ad altre che mirano a rappresentare l’involuzione della coscienza umana, la violenza cieca del conformismo e un progresso grigio e insostenibile perseguito ad ogni costo (gli edifici in perenne, inutile, decostruzione e ricostruzione, i cantieri che si autoalimentano e infine vengono abbandonati, presenti anche in Manifesto).
Un uomo fragile si ritrova, dopo il goffo tentativo di suicidarsi gettandosi dalla finestra, in un coacervo di persone che camminano, intrattengono bambini grotteschi e compiono azioni per lo più insensate attinte dall’immaginario di Hieronymus Bosch, ma ciò che desta la sua attenzione è l’insegna “Deep Gold” posta all’ingresso di un locale. Varcarne la soglia per il silenzioso protagonista significa immergersi in un’esperienza iniziatica, calarsi in una dimensione di emancipazione sessuale antitetica alla rigida morale degli anni ’20 in cui è ambientato il cortometraggio.
Senza dubbio Deep Gold è un omaggio alla pellicola L’âge d’or (1930) di Luis Buñuel, di cui espande il tema della libertà sessuale contrapposta alle imposizioni religiose e piccolo borghesi. Alcuni passaggi portano anche alle prime incursioni di David Lynch nei territori della trasfigurazione allucinata del reale. Qua e là le deformazioni e le bizzarie psichiche dei vari personaggi sembrano riconducibili proprio al nichilismo disturbante di Eraserhead (1977).
Si tratta di due opere cardine della storia del cinema: la prima vero simbolo cinematografico del surrealismo, la seconda, dichiarata “culturalmente significativa” dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, mostra numerose affinità con la conturbante, gelida, fotografia in bianco e nero di Deep Gold e con la sua natura di installazione artistica fosca e oscena. Il disorientamento del protagonista davanti al caos sfrontato dei balli e degli eccessi che intridono di umori caldi l’aria del locale equivale al disagio di un’intera società oppressa dalle convenzioni contro le quali si scagliava Buñuel delineando la moderna visione della libertà individuale.
E’ naturale per lo spettatore abbandonarsi insieme all’uomo alla contemplazione attonita del sovvertimento dei sensi.
DEEP GOLD – A film by Julian Rosefeldt
Director: Julian Rosefeldt
Director of Photography: Christoph Krauss
Editor: Bobby Good
Line Producer: Wassili Zygouris
Puppets: Suse Wächter
Musical Direction: Hans-Jörn Brandenburg