Nella seduta di ieri la Camera ha votato, in quarta ed ultima lettura, la legge di revisione costituzionale che prevede la riduzione del numero dei parlamentari. La nuova composizione della Camera dei deputati sarà di 400 membri e quella del Senato di 200 membri. Dato che nella votazione di ieri è stato raggiunto un quorum elevato, oltre i due terzi, ma dato che questo quorum non era stato raggiunto nella precedente deliberazione al Senato, si potrà far luogo al referendum (art.138 Cost.). Quindi la promulgazione slitta per il tempo necessario allo svolgimento di questi ulteriori adempimenti costituzionali.
Due premesse sono indispensabili. In tutte le più importanti revisioni costituzionali degli ultimi anni la misura della riduzione dei parlamentari era prevista (con diverse modalità e numeri), anche se accompagnata da ulteriori misure o contrappesi. Ritroviamo tutto questo nei testi della Commissione bicamerale (da Bozzi a D’Alema) della Commissione Violante, nella XV legislatura, dell’ultima riforma costituzionale. E’ pacifico che la riduzione del numero dei parlamentari produca una riduzione della rappresentanza e quindi è indispensabile che sia accompagnata da altre misure. Nella votazione di ieri questo impegno è stato preso e quindi questo fatto spiega una convergenza così ampia nel voto finale.
La seconda premessa è altrettanto importante. Ciascun partito è libero di accompagnare il suo voto con una motivazione. Conosciamo le motivazioni del Movimento 5 Stelle legate ad un fattore di efficienza o di governabilità e a ragioni di risparmio sui costi della politica. Se la prima motivazione può essere accettabile, anche alla luce di quanto si dirà tra poco, non possiamo in alcun modo condividere questa seconda parte della motivazione perché i costi della democrazia non tollerano una misurazione di tipo aziendalistico ed è facile capire a quali disastrosi risultati poterebbe un’impropria “gara verso il risparmio”. La democrazia parlamentare rappresenta il fondamento della Repubblica e questo principio rappresenta l’architrave della nostra forma di governo. E’ possibile incrementare anche le forme di partecipazione diretta alla vita pubblica, ma si deve sempre ricordare che, nel nostro impianto costituzionale, esse rappresentano sempre misure residuali e complementari.
Qual’è dunque il quadro organico di riferimento, il contesto che ha reso possibile una convergenza così ampia nel voto di ieri? Quel che mancava fino alla terza lettura, fatta al Senato, era un “contesto organico di riforma”, erano quelle misure che servono a rafforzare il rapporto tra cittadini, elettori ed eletti, con particolare riguardo agli equilibri territoriali. Gli impegni che i capigruppo di maggioranza hanno preso, ieri, contestualmente al voto, ci pare di grande interesse.
Primo impegno: presentare, entro dicembre, un progetto di nuova legge elettorale per Camera e per il Senato al fine di garantire più efficacemente il pluralismo politico e territoriale, la parità di genere e il rigoroso rispetto dei principi della giurisprudenza della Corte costituzionale in materia elettorale e di tutela delle minoranze linguistiche.
Secondo impegno: intervenire, in ottobre, sul progetto relativo all’abbassamento dell’età per il voto per il Senato della Repubblica in corso di esame in quel ramo del Parlamento per equiparare i requisiti di elettorato attivo e passivo di Camera e Senato.
Terzo impegno: presentare un testo volto a modificare il principio della base regionale per l’elezione del Senato e per riequilibrare il peso dei delegati regionali che integrano il Parlamento in seduta comune per l’elezione del Presidente della Repubblica. Questo impegno avrà effetto a partire dall’elezione successiva a quella delle nuove Camere, in composizione ridotta.
Quarto impegno: riformare i Regolamenti parlamentari per adeguarli al nuovo numero dei parlamentari, garantendo, in entrambi i rami del Parlamento, alle minoranze linguistiche il potere di costituire gruppi o componenti autonome.
Quinto impegno: limitare in maniera organica il ricorso alla decretazione d’urgenza e alla posizione della questione di fiducia.
Sesto impegno: intervenire sulla disciplina del procedimento legislativo per dare certezza di tempi alle iniziative del Governo e più in generale ai procedimenti parlamentari, anche, in questo caso, coniugando celerità dell’esame parlamentare con i diritti delle minoranze.
Settimo impegno: definire, con il contributo dei costituzionalisti e della società civile, possibili interventi costituzionali, tra cui quelli relativi alla struttura del rapporto fiduciario tra le Camere e il Governo e alla valorizzazione delle Camere e delle Regioni per un’attuazione ordinata e tempestiva dell’autonomia differenziata.
Certamente sono impegni politici e ciascuno è libero di dubitare della loro attuazione, ma a noi pare comunque che questi impegni siano espressione di un metodo serio e trasparente. Vedremo.