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Un SUQ in mezzo ad un’isola nel Porto di Genova: il mare include e crea cultura

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Un’isola in mezzo al porto di Genova dove è possibile conoscere il multiculturalismo e le tradizioni di popoli lontani quanto uniti da un ideale comune: quello dell’inclusione. Una città portuale che fu una delle repubbliche marinare dotata di autonomia politica e di prosperità economica, Genova da 21 anni è sede del SUQ Festival diretto da Carla Peirolero, una manifestazione unica nel suo genere capace di attrarre al Porto antico ospiti internazionali da tutto il mondo. Ventunesima edizione Teatro del Dialogo con un programma che comprendeva teatro, musica, danza, incontri, mercato mediterraneo, cucine dal mondo, ECOSUQ dal titolo “Donne isole frontiere”che si è svolta dal 14 al 24 giugno con un finale al Museo Balzi Rossi di Ventimiglia. Un successo di pubblico per affluenza e partecipazione a riprova dell’importanza e del valore (non solo culturale) di creare degli eventi dove è possibile conoscere le lingue, le culture, la gastronomia che si fondono tra di loro.  Settantamila i visitatori registrati dove l’apertura e l’accoglienza ricevuta è una modalità di partecipazione in cui tutti hanno modo di riconoscersi. Cento eventi, mille metri quadrati di scenografia firmata da Luca Antonucci, 600 protagonisti, uno staff di 53 persone, 40 botteghe artigianali, 14 cucine diverse da assaggiare, 1 tenda marocchina per i libri e le letture.. Una piccola città dentro Genova e la sua tradizione marinaresca.

Carla Peirolero (attrice, autrice e regista è tra le fondatrici del Teatro dell’Archivolto, ha lavorato con il Teatro Stabile di Genova, la Compagnia di Carlo Cecchi, con il Teatro della Tosse) cosa significa organizzare un festival come il SUQ: «qui si possono incontrare scrittori, artisti, musicisti, giornalisti, buone pratiche per l’ambiente, teatro, danza. Un’isola abitata da gente curiosa, sorridente, solidale. Incontri tra popoli e culture». Nell’intervista pubblicata nel 2018  sul mensile “Una città” (a cura di Alessandro Cavalli), la direttrice artistica risponde così alla domanda che le viene posta su come ha iniziato ad occuparsi del festival:«È stato un gesto di ribellione al teatro, o meglio, ad un certo tipo di teatro convenzionale, chiuso nelle sale con poltroncine rosse e pubblico solo “bianco”, un po’ congelato. Continuo a pensare che il teatro sia uno strumento meraviglioso di rappresentazione del mondo, di incontro tra pubblico e artisti, di evoluzione anche, di rappresentazione della realtà e del nostro vissuto, del nostro immaginario. Ma avvertivo un certo scollamento con la realtà, si dialogava con un’élite, non con tutti». Tutto inizia nel 1999 e Carla Peirolero (ideatrice del SUQ insieme a Valentina Arcusi) rivoluziona in qualche modo la città di Genova (sede di teatri importanti e storici ma privo a quel tempo di una manifestazione culturale capace di arrivare a tutta la popolazione), e propone un’idea di fare teatro, danza e cultura in senso trasversale e alla portata di tutti. «Mi ricordo che uno dei primi ospiti è stato Ferzak Ozpetek ma lo spazio degli incontri era immerso nei profumi di spezie e cous cous». Sono passati anni ma l’atmosfera descritta è ancora la stessa  e SUQ riesce a catalizzare l’attenzione e una partecipazione corale come poche manifestazioni riescono ad offrire.  «Il SUQ è davvero un’isola a cui approdare, in un mare un po’ tempestoso quale quello in cui oggi ci troviamo a navigare. Stare vicini, ascoltando un concerto e sulle panche della Chiesa per il teatro, e poi continuare a vivere l’atmosfera del Festival tra profumi e sapori, intorno a un tavolo. È raro e prezioso».

Il SUQ appartiene alla città perché esprime un livello artistico di valore nazionale, europeo, pur mantenendo una cifra popolare, aperto a tutti, senza distinzioni; queste due anime si mescolano spontaneamente, tra convivialità e temi attuali –  emarginazione, diritti universali, difesa del principio di libertà del pensiero e della dignità umana. Folklore e gastronomia. Un vero festival come spiega l’etimologia della parola: festa, dove è possibile incontrarsi e dialogare, sorridere e ridere, ascoltare voci diverse, assistere a concerti, spettacoli teatrali, conferenze. L’atmosfera vissuta è allegra, eccitante per il continuo susseguirsi di azioni ludiche e musicali, un coro di voci, profumi esotici, fino a quando ci si ferma in silenzio per ascoltare testimonianze di chi lavora per cercare di migliorare la società con principi inderogabili a cui tutti dovremmo sottostare senza mai respingere. Quello che in Italia non sta accadendo da ormai troppo tempo. Al SUQ si poteva respirare l’ossigeno depurato da sentimento di odio, di violenza verbale, di atteggiamenti discriminatori verso il prossimo, l’estraneo, il rifiuto del dialogo. L’umanità che sta andando alla deriva in un’Italia arrabbiata e delusa ma anche cinica ed egoista. La narrazione mistificatoria della realtà e il continuo lancio di allarmi per l’”invasione” degli stranieri fomenta nelle menti sentimenti di discriminazione sempre più gravi. L’isola del SUQ è un baluardo per continuare a respingere l’assalto di chi non vuole accettare di confrontarsi ma insiste nel credere ad un mondo di pochi privilegiati e fortunati abitanti, esenti da ogni responsabilità verso chi soffre e abita le periferie degradate e povere.

«Lo stato della ricerca teatrale che dialoga con il disagio – è una delle prime affermazioni di Carla Peirolero che ci rilascia nel corso della conversazione – e  c’è un certo teatro, come anche pratiche teatrali e attività laboratoriali, che si sono diffuse in tutta Italia e producono un’innumerevole serie di azioni culturali con delle cifre quantitative impressionanti; definito da molti come teatro sociale  ma anche d’arte (noi però non amiamo etichette) e lo consideriamo più semplicemente teatro che ha visto un’espansione e moltiplicazione impressionante. Progetti nati da vocazioni, urgenze di qualità differenti, ma tra queste infinite diversità, possiamo trovare un unico denominatore comune: tutti vedono il teatro come un atto politico vero e proprio, un luogo per l’impegno che cerca e trova in dialogo con la parte più emarginata della nostra società. L’edizione di quest’anno (14-24 giugno e 27 a Ventimiglia, ndr) è sorprendentemente fluida, meno “schizofrenica”, dimostrando grande continuità e un’atmosfera così vivace a dimostrazione che in questo momento si è sviluppato un senso di appartenenza e attivismo sociale – culturale capace di aderire in maniera più rispettosa (e di questi tempi non è poco visto il clima in Italia, ndr). Grazie all’aiuto di tutta la mia squadra di collaboratori  – prosegue la direttrice artistica – c’è una grande complicità nel cercare di mantenere questo luogo protetto. La paura era quella di vedere persone arrivate da fuori (da altre città o territori, ndr) a cui il festival non sarebbe piaciuto, mentre chi lo amava già ha dimostrato di amarlo ancora di più. Chi, invece, non lo ama, lo “digerisce” e lo tollera (in passato ci sono stati episodi di intolleranza anche se contenuti, con commenti “sgarbati” e qualche minaccia per la presenza di ospiti stranieri, ndr). Ci manca una sede permanente, siamo come un’isola che scompare fino al prossimo anno per poi riapparire all’orizzonte. Quello che facciamo è un atto forte capace di non passare inosservato (la presenza di così tanto pubblico ogni giorno, dalle 12 alle 24, il successo dimostrato dalle reazioni degli spettatori, la possibilità di incrociare tante culture diverse, lo conferma, ndr). La nostra è un’affermazione potente e lo dimostra la professionalità di tutti. L’unico rincrescimento è la mancanza di radici capaci di consolidare il nostro impegno senza preoccupazioni per il futuro (dato dall’impegno delle amministrazioni per finanziarlo, ndr). Il SUQ è un luogo dove si può assaporare la dolce pace e le persone vengono qui perché così si sentono meno sole. Mancano i luoghi di aggregazione sociale e qui c’è la possibilità di sentirsi comunità e va segnalata la presenza di  molti giovani compresi nella fascia d’età tra 18 e i 35 anni, tanto da rappresentare il quaranta per cento delle presenze registrate».

Un dato saliente e anche quello dell’interesse dimostrato dal pubblico verso le tematiche ecologiche. L’impegno ambientale dell’organizzazione è stato quello di rendere il Suq plastic free, dove la sensibilità dei visitatori è stata recepita  attivamente durante tutti gli incontri di EcoSuq. Il SUQ ha visto anche una partecipazione straordinaria di pubblico per seguire Aboubakar Soumahoro autore del libro Umanità in rivolta (Feltrinelli editore) insieme a Matteo Macor giornalista di La Repubblica che ha moderato il dibattito.  Soumahoro è da sempre impegnato nel difendere i diritti dei lavoratori contro ogni forma di schiavitù e razzismo. Un appassionato intervento su come sia urgente vigilare sulle molteplice forme di sfruttamento (specie al sud Italia con il fenomeno del caporalato), denunciando l’illegalità diffusa. Arrivato in Italia dalla Costa d’Avorio più di vent’anni fa, ha conosciuto da vicino le insidie di un tessuto civile sempre più logoro e incapace di garantire i diritti minimi di ogni essere umano. Nella sua recensione Matteo Macor scrive: “un libro necessario, ma amarissimo”. Protagonisti d’eccezione anche Honorine Mujyambere, sopravvissuta al genocidio Tutsi del Ruanda, e Gilberto Salmoni, sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti, a cui è stato assegnato il Premio Agorà.  Per la musica va segnalato il concerto delle due sorelle indiane Mandolin Sisters, con la loro musica tradizionale mescolata a ipnotici loop elettronici: pubblico entusiasta che ha ringraziato con lunghi applausi il talento di queste giovani artiste; la rapper Chilla portatrice di un messaggio rivolto ai diritti delle femministi; il jazz raffinato di Franca Masu. Senza dimenticare l’affetto sempre vivo del Suq verso Roberta Alloisio, (la cui mancanza  è stata ricordata da Carla Peirolero) di cui è stato presentato il disco postumo Animantiga. Il teatro ha uno spazio fondamentale nel programma complessivo  nella sezione “Il teatro del dialogo” ha registrato il tutto esaurito in occasione delle due prime nazionali di “Da madre a madre” per la regia di Enrico Campanati, la drammaturgia di Irene Lamponi, Bintou Ouattara, Carla Peirolero anche interpreti sulla scena, con cui si è festeggiato il centenario di Nuto Revelli e di “Arlecchin dell’onda” di Enrico Bonavera protagonista insieme a Barbara Usai. Il mare è sempre il filo conduttore anche in questo spettacolo come spiega il programma di sala: «Le maschere della Commedia dell’Arte per leggere il mondo contemporaneo, divertenti, irriverenti, animalesche vengono catapultate per mare, in vicende più attinenti con il nostro mondo contemporaneo». Iaia Forte attrice celebre anche per i film di Pappi Corsicato è la protagonista carismatica ne “L’Isola di Arturo”, monologo di suggestivo impatto emotivo tratto dall’omonimo romanzo di Elsa Morante (Premio Strega del 1957). Una vibrante lettura scenica che racconta una storia ambientata sull’isola di Procida e gli amor tormentati di Arturo (il protagonista), del padre e delle donne che entrano nella sua vita. Sull’Isola delle Chiatte si è visto “Kassandra. O del mondo come fine della rappresentazione” di Kevin Rittberger e “L’immaginifica storia di Espérer” scritto e diretto da Antonio Damasco basato su una storia vera. Ancora un’isola e per raggiungerla serve il “Certificato di Esistenza” dove convivono famiglie di giostrai, una città dell’amore, scogli e speranza. Teatro sul mare nel porto antico di Genova, attraversato da navi da crociera e barche da diporto.  Un teatro all’aperto mentre calava il sole al tramonto. Il mare dove solcano barche che trasportano sofferenze e povertà di cui se ne è parlato nella conferenza “libri naviganti nel mare dell’indifferenza” : letture tratte da Kawa il Kurdo (Kuristan), Il Principe giallo (Ucraina), Muro muro (Sahel e Mediterraneo) e la presentazione di Oltre il confine di Mara Sordini e Maena Derio. Il mare di Ventimiglia l’approdo finale del SUQ: « come da tradizione la chiusura del Festival si svolge a Ventimiglia dove abbiamo portato lo spettacolo “Lampedusa beach” di Lina Prosa interpretato da Nadia Kibout e le musiche di scena eseguite dal vivo da Daniele Onorati alla fisarmonica – ci racconta ancora Carla Peirolero – , una storia vera che rievoca gli sbarchi sull’isola e collega quanto accaduto anche a Ventimiglia nel 2017 con i profughi accampati sugli scogli dopo essere stati respinti alla frontiera della Francia. Lo spettacolo è stato ospitato al Museo preistorico dei Balzi Rossi e narra la testimonianza di Shauba, il suo sogno di una vita migliore ma anche il suo rapporto primordiale con l’acqua e con la sua identità mediterranea. Per noi è importante questo appuntamento ogni anno e ricordo anche quanto è stato emozionante portare la lettura /racconto del romanzo Il lungo viaggio e la raccolta Il mare color del vino di Leonardo Sciascia; Pippo Delbono e la stessa direttrice del Museo dei Balzi Rossi Antonella Traverso che in video ha affermato “siamo tutti emigranti africani”». SUQ “non solo festival” è anche teatro e formazione per l’intercultura a Genova, è ECOSUQ #buonepratiche, uno spazio dove era possibile conoscere metodi e culture per difendere la Natura, respirare profumi esotici, assaporare prodotti dell’agricoltura ecostenibile, lo zafferano e il miele delle api, le spezie esotiche, i piatti di cucine lontane a noi ma portate a tavola grazie allo scambio che fa di questo Festival una manifestazione unica nel suo genere e va salvaguardata dal declino della nostra società attuale.


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