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“Costruire ponti garantisce passaggio e sopravvivenza ai legami umani”. Giulietti lancia ad Assisi il “primo sinodo dei giornalisti”

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In una società mediatica in cui l’odio comunicativo fa purtroppo  audience e raccoglie plausi e compiacimenti da stadio,  va assunto un impegno chiaro e deciso:  una informazione che educhi, conducendo verso inclusione ed tolleranza multiculturale.

E la Carta di assisi, documento internazionale contro l’odio e per l’uso corretto delle parole,  già adottato a maggio di quest’anno a Roma dalle tre religioni monoteiste, dal mondo del giornalismo e dalla società civile presso la sede della Federazione della stampa italiana (Fnsi) è solo il porto da cui salpare, verso un viaggio che porterà oltre i confini nazionali.

“La società non è un groviglio di fili, ma una rete fatta di persone: una comunità in cui riconoscersi come fratelli e sorelle. Il pluralismo politico, culturale, religioso è un valore fondamentale ed occorre connettere le persone” si legge al punto nove del decalogo definito appunto “Carta di Assisi», che non è un codice deontologico per giornalisti, ma è una dichiarazione di fratellanza universale contro il muro dell’odio e deve chiamare in causa tutti gli operatori di pace, come ha ribadito ieri ad Assisi il Presidente della Fnsi Giuseppe Giulietti.

La Carta di assisi è «il primo manifesto internazionale nato dal basso contro i muri mediatici» perché le parole, se utilizzate in modo scorretto possono essere pietre e contro i muri, ribadisce Giulietti, ci si può fare solo male, mentre costruire ponti garantisce passaggio e sopravvivenza ai legami umani.

Ieri, in occasione di uno degli incontri tenutosi al Cortile di San Francesco, il presidente della FNSI dà appuntamento al primo sinodo di giornalisti europei sulla Carta di Assisi, in programma il 24 e 25 gennaio 2020 in collaborazione con il Sacro Convento ed annuncia la presentazione della Carta di Assisi al Parlamento Europeo per discutere dell’uso delle parole contro il dilagare dell’odio e la violenza comunicativa.

San Francesco ha usato le sue parole per dialogare con le diversità,  non per combatterle o rifiutarle, con un sempre  crescente senso di compassione che gli ispiravano i deboli, i lebbrosi, i reietti, gli ammalati, gli emarginati: questa compassione si sarebbe trasformata poi in una vera e propria “febbre d’amore”, come lui la definiva,  verso il prossimo, specie appunto il diverso.  Queste le parole di Beppe Giulietti, che è tornato ancora una volta a raccomandare un’opera collettiva e culturale in direzione dei valori fondamentali della Costituzione, fra i quali, necessario come l’aria, è quello della libera manifestazione del pensiero.

Dal sultano al lupo, il patrono d’Italia ha voluto parlare con chi rappresentava il nemico, alla perenne ascetica, ma anche molto concreta, ricerca di una  condivisione con ciò che non conosce barriere e confini e contro ogni manifestazione di rifiuto verso l’essere umano.

Portare all’attenzione internazionale una dichiarazione che non è solo di intenti, ma anche di impegni significa pretendere un riconoscimento formale a quella che oggi, specie in Italia, è una vera e propria emergenza. Significa reclamare il ritorno ad  una modalità espressiva che trasmetta i contenuti e non sia concentrata sui personalismi, e mirata solo a combattere, con intento distruttivo, chi abbiamo di fronte.

La cultura, termine che deriva dal latino colere, ossia coltivare, è vincolata alla sopravvivenza dell’umanità e della democrazia, ma è anche l’unico valore umano che non conosce confini e non esclude, non odia, non sopprime. E credere che comunicare odio serva a difendere e garantire la sicurezza di un’organizzazione sociale è un errore macroscopico, e spesso solo strumentale a mera propaganda di partito.

Occorre invece iniziare ad investire verso l’inclusione ed in favore del multiculturalismo, unica soluzione a questo empasse sociale,  partendo proprio dalla comunicazione che dialoghi, accolga, rispetti e crei ponti, appunto, non insormontabili e distruttivi muri di odio e di rifiuto.      Unica considerazione che mi permetto di fare alle emozionanti (ed emozionate) parole del presidente Giulietti: la prevenzione di questo fenomeno significa anche far comprendere che comunicare odio è illegale.

Allora, come avvocata, evidenzio l’importanza di coinvolgere anche altri organismi istituzionali di categoria, dal Consiglio Nazionale Forsense alle associazioni di magistrati, come alle forze dell’ordine, affinchè si lavori insieme verso il comune obiettivo di arginare, oltre che prevenire, i reati di odio commessi ogni giorno, ogni minuto ed ovunque, spesso con l’aggravante di usare mezzi di comunicazione di massa come i media ed i social.


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