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Elezioni presidenziali in Tunisia, un test per la più giovane democrazia del mondo

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La seconda fase della ‘rivoluzione dei gelsomini’ sta per iniziare. Un vero e proprio esame per una delle più giovani democrazie al mondo.
Da questa mattina alle 8  i seggi in Tunisia, dove si svolgono le elezioni presidenziali, sono aperti per la seconda volta dalla rivolta che portò otto anni fa alla destituzione di Ben Ali dando il via alle primavere arabe del 2011.
Si potrà votare fino alle 18 (le 19 italiane) anche se alcuni seggi chiuderanno due ore prima per ragioni di sicurezza.
Inizialmente previste a novembre, le elezioni  sono state anticipate a causa della morte a luglio di Beji Caid Essebsi, il primo presidente eletto democraticamente nel 2014 con voto a ‘suffragio universale diretto’ per traghettare il Paese nella delicata fase di transizione.
Essebsi durante la sua presidenza ha garantito in larga parte la stabilità nel Paese nonostante a 92 anni fosse il capo di Stato in carica più anziano al mondo. Alla sua morte ha assunto l’incarico ad interim il presidente del parlamento, Mohamed Ennaceur.
Per essere eletto al primo turno un candidato ha bisogno della maggioranza assoluta dei voti. Se nessuno riuscisse a ottenerla si andrebbe al ballottaggio tra i due candidati con il maggior numero di preferenze.
L’appuntamento elettorale tunisino, il cui esito resta piuttosto imprevedibile, è ‘osservato’ con grande attenzione a livello internazionale. Due i fattori fondamentali che pesano sul voto, l’astensionismo e il voto delle donne.
La tornata elettorale si svolge in un clima di generale disincanto dei cittadini nei confronti della politica che, in particolare, ha visto una campagna elettorale snobbare temi cari alle donne tunisine da sempre impegnate a combattere per il riconoscimento dei propri diritti.
Due i volti femminili in corsa per le presidenziali, l’avvocatessa Selma Elloumi Rekik e l’imprenditrice Abir Moussi, 63 anni la prima, 44 la seconda.
La Moussi rispetto alla Rekik ha qualche possibilità in più di farcela, quanto meno ad arrivare al secondo turno.
A decidere la sorte dei candidati potrebbero essere il milione e mezzo di nuovi elettori, il 60% giovani tra i 18 e i 35 anni con una maggior percentuale di donne, che la Commissione elettorale ha permesso di registrarsi per il voto negli ultimi mesi.
In tutto saranno quasi 8 milioni gli aventi diritto a esprimere la propria preferenza. Resta l’incognita dell’astensionismo. Bisognerà vedere in quanti decideranno di recarsi alle urne, soprattutto i più giovani.
Alle elezioni comunali del marzo 2018 il tasso di affluenza era stato del 34%. Discorso diverso per le presidenziali che nel 2014 al primo turno avevano visto una partecipazione del 64,6% e al secondo del 53%.

I giovani elettori rischiano di essere disorientati verso la scelta, essendo ben 26 i candidati (anche se nelle ultime 24 ore in due hanno annunciato il ritiro).

Per venire loro in aiuto dalla società civile è partita un’inizi,  una piattaforma online autofinanziata chiamata ‘Chnowa Barnemjek?’ (Qual è il tuo programma? attraverso la quale si possono chiedere chiarimenti e, inoltre, mette a confronto i programmi di tutti i candidati.
Insomma l’appuntamento democratico per la designazione della carica più  alta dello Stato, dalla fine del regime di Zine El-Abidine Ben Ali nel 2011, rappresenta una svolta importante per il Paese. Un test cruciale per l’unica democrazia nata sulla scia della Primavera araba, che deve però fare i conti con una profonda crisi economica e una forte disoccupazione.
Nell’ultimo anno i prezzi dei beni di prima necessità sono aumentati, la disoccupazione (al 15,5%) non ha accennato a diminuire, il debito è schizzato al 71% del Pil e i problemi di sicurezza si fanno sentire – lo scorso giugno la capitale è stata colpita da due attentati rivendicati dallo Stato islamico – mentre le diseguaglianze sociali e regionali sono cresciute e le istituzioni risultano ancora molto fragili.
Tutte sfide che il prossimo presidente sarà chiamato ad affrontare con riforme urgenti.
I favoriti alla successione di Essebsi sono Yousè ef Chahed, attuale primo ministro, e Nabil Karoui, proprietario del principale gruppo tv privato del nord Africa.

Candidato nonostante il suo arresto lo scorso 23 agosto per presunto riciclaggio potrebbe essere proprio lui la rivelazione di questo voto.

Gli elettori potrebbero decidere già al primo turno l’esito del voto, nel tentativo di rafforzare i due potenziali capi di Stato votando per i loro partiti, consolidando la loro posizione anche in Parlamento, o inversamente affidarlo all’opposizione, facendo dell’Assemblea nazionale un contraltare alla presidenza.
La scomparsa di Essebsi aveva in parte modificato il panorama politico nazionale con il moltiplicarsi dei partiti laici di fronte all’avversario comune, la potente formazione islamista Ennahda.
A distanza di 5 anni il nodo del voto non è tanto il posto dell’islam nella politica quanto le attese soluzioni ad annose problematiche socio-economiche, in un contesto ancora molto influenzato dai potenti rapporti di clientelismo.


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