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Nella negoziazione, l’orgoglio è la soddisfazione degli incapaci

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Nella negoziazione, l’orgoglio è la soddisfazione degli incapaci. E l’ultimatum a freddo di Di Maio al PD non sfugge alla regola. Con l’aggravante di apparire un segno di debolezza interna. Non il primo, in realtà, visto che la pretesa di un ruolo da vicepremier, sembra sempre più un modo per riaccreditarsi ai vertici del Movimento, sempre più deluso dal giovane politico. Ora Conte dovrà ricorrere all’antica arte giapponese del kintsugi, per riparare con suture d’oro i frammenti di porcellane rotte. Più prosaicamente, dovrà rimettere assieme i cocci di un accordo, che l’inesperto leader dei 5 Stelli farà (forse) nascere già pieno di crepe.

Si pensava che dopo l’improvvida richiesta di impeachment del Capo dello Stato e l’umiliante retromarcia che ne è seguita, Di Maio avesse imparato ad essere meno impulsivo nei suoi atti, ma evidentemente non è così. Eppure, basta ascoltare Salvini che straparla di nazionalismo e la Meloni che organizza la piazza contro il Parlamento, per capire che il fallimento di questo Governo potrebbe costarci molto caro.

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