Una sala comunale affollata all’inverosimile con molte persone costrette a stare in piedi per oltre due ore nonostante il caldo rovente che surriscaldava l’ambiente e non solo per i gradi percepiti. Ad ascoltare Paolo Berizzi il giornalista di Repubblica invitato a presentare il suo libro “NazItalia. Viaggio in un Paese che si è riscoperto fascista”, erano in 500 nella Sala Lucchi di Verona mercoledì 27 giugno. Un evento preceduto da polemiche, minacce, insulti sui social e una petizione voluta da Andrea Bacciga, consigliere di maggioranza in Comune, con l’obiettivo di impedire la presenza in città dell’autore contestato da Forza Nuova e Casa Pound. Chiamato in causa il sindaco Federico Sboarina che avrebbe dovuto negare la concessione della sala o di qualunque altro luogo pubblico di Verona. Così non è stato, e la presentazione di Berizzi si è potuta svolgere regolarmente, anche se il clima teso era palpabile sia all’esterno (un imponente presidio di forze di polizia in tenuta antisommossa a vigilare), sia all’interno per la preoccupazione dei responsabili dell’ordine pubblico attenti ad evitare tensioni o forme di protesta anche «fisiche» rivolte al giornalista nei giorni precedenti. La protesta nasce dall’aver citato nel libro anche i tifosi dell’Hellas Verona in cui si descrivono i cori degli ultrà inneggianti al nazismo, e l’esposizione del simbolo della svastica durante i festeggiamenti in occasione della promozione della squadra di calcio in serie A. La presentazione del libro è stata ritenuta “provocatoria” per la vicinanza della sala comunale allo stadio calcistico Bentegodi, dove gioca l’Hellas Verona, il cui tifo è infiltrato da elementi organizzati neofascisti. Insieme a Paolo Berizzi erano presenti l’ex procuratore capo di Verona Guido Papalia, il direttore di Repubblica Carlo Verdelli, Piero Paolo Spinazè in arte Cibo (un artista writer veronese che ricopre simboli come le svastiche e le croci celtiche con immagini di cibo) e Lorenza Costantino giornalista de L’Arena che ha moderato il dibattito. Significativa la partecipazione anche di Giuseppe Giulietti presidente della FNSI. «Siamo qui a testimoniare, in totale intesa con il nostro segretario generale Raffaele Lorusso, la vicinanza a Berizzi, come a tutti i cronisti minacciati costretto a vivere sotto scorta per il loro serio lavoro d’inchiesta, che lo ha portato a essere oggetto delle minacce di chi si richiama al nazifascismo. Nazismo e fascismo non sono legittime opinioni politiche, ma crimini. Non può esservi pari diritto di tribuna per fascismo e antifascismo, mafia e antimafia, legittimità e illegalità. La Costituzione parla chiaro e noi siamo sempre dalla sua parte. Il sindacato dei giornalisti procede con convinzione sulla linea della scorta mediatica. «Doveroso farlo – ha ribadito Giulietti – per chi pensa di mettere a tacere con minacce fisiche o querele bavaglio il diritto/dovere di cronaca, deve sapere che non troverà spazio. Il lavoro dei giornalisti minacciati verrà sempre illuminato e ripreso dai colleghi». Un gesto apprezzato dallo stesso Paolo Berizzi che ha pronunciato parole di ringraziamento, citando oltre la Federazione nazionale della stampa, anche la presenza di Articolo 21, i rappresentanti dei Sindacati regionali dei giornalisti del Veneto e Trentino Alto Adige, di Libera, dell’Anpi, di Amnesty international, delle Acli, del’Arci, del Movimento Non una di meno, dei Sentinelli e di molte altre associazioni a sostegno della libertà di pensiero e d’informazione. «Ringrazio tutti voi per la scorta mediatica che dimostrate con la vostra presenza e gli uomini della mia scorta che mi proteggono ogni giorno – ha spiegato Berizzi – ma voglio anche ricordare chi non c’è più e ha perso la vita in modo assurdo: Nicola Tommasoli picchiato a morte per futili motivi (un fatto accaduto nel 2008 e l’autore, un ultrà neofascista con precedenti penali aveva reso piena confessione, ndr) e voglio esprimere tutta la mia solidarietà e vicinanza ai suoi famigliari». A prendere poi la parola, accogliendo in sala l’ospite ,al quale il pubblico ha tributato in piedi un lungo applauso cantando “Bella ciao” (qui il video del momento https://video.repubblica.it/cronaca/verona-il-pubblico-canta-bella-ciao-alla-presentazione-del-libro-di-berizzi-minacciato-dall-estrema-destra/338198/338801), è stato Federico Benini consigliere d’opposizione del Partito Democratico che ha spiegato il diniego e il silenzio da parte del Sindaco Federico Sboarina, chiamato in causa per prendere posizione nei confronti di chi tentava di impedire la partecipazione di Berizzi. «Alla mia richiesta di spiegare quale possa essere stato il motivo di tali proteste e del perché possa “infastidire” il quartiere Stadio, se esistono luoghi dove non ci si può esprimere democraticamente, non ho ricevuto nessuna risposta. Come anche la richiesta di esprimere solidarietà nei confronti del giornalista minacciato non è stata accolta». Paolo Berizzi nel commentare la straordinaria presenza di pubblico ha commentato: «Vi ringrazio ad uno ad uno per la aver scelto di essere qui. Loro non ci volevano e invece siamo presenti e con grande partecipazione. Quelli fuori da questa sala hanno perso 74 anni fa e ora anche in questo luogo hanno perso un’altra volta clamorosamente perché hanno provato a impedire la nostra presenza. Il controllo del territorio non è un loro diritto perché il quartiere è di tutto come la sala che ci ospita. È stata perfino organizzata una petizione per impedire di farmi parlare e il Sindaco non ha proferito parola nei confronti di chi ha cercato di minacciare e intimidirmi. Qualunque sindaco avrebbe rilasciato una dichiarazione per difendere la libertà di pensiero e la presentazione di un libro». La presenza del consigliere Andrea Bacciga è stata fortemente contestata dai presenti in sala durante il suo intervento, a seguito delle parole dell’ex magistrato Guido Papalia che ha stigmatizzato il comportamento del politico: «Quando un rappresentante eletto del popolo, appartenente alla maggioranza di governo risponde durante un Consiglio comunale con il saluto romano alla protesta di alcune donne favorevoli all’aborto, questo significa che Lei aveva premeditato il gesto e aveva deciso di replicare imponendo il dettame fascista. Un gesto gravissimo perché è accaduto in un luogo della democrazia dove si decide cosa fare e cosa non fare per il bene della città. Un comportamento anticostituzionale». Per questo gesto il consigliere è indagato per il presunto saluto romano e il Tribunale di Verona ha ammesso come parti civili tre attiviste del movimento Non Una di Meno, Aned e Anpi. Bacciga ha replicato a Papalia: « Una persona fino a quando non viene condannata con sentenza passata in giudicato dovrebbe essere ritenuta presunta innocente. Ritengo molto grave che un ex Procuratore mi condanni prima di un processo senza avere le carte in mano».