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Napoli, la madre che voleva salvare il figlio

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di Carolina Frati

image15-600x400È il 26 marzo 1994, quando nella periferia di Napoli si assiste a due esecuzioni che avvengono quasi contemporaneamente: una a Secondigliano, l’altra a Casavatore. Le vittime dei due agguati sono Anna Dell’Orme e Carmine Amura, madre e figlio. Anna e Carmine sono la madre e il fratello di Domenico Amura, deceduto il 7 settembre 1991 per una sospetta overdose. Sospetta, perché i familiari hanno da subito attribuito la colpa della morte ad alcuni componenti della famiglia Esposito: secondo gli Amura, questi sarebbero stati mandanti ed esecutori dell’omicidio, in particolare Luigi Esposito detto “Nacchella”.
Nelle ore successive alla morte del figlio, Anna denuncia alla procura della Repubblica sette persone, tutte appartenenti al clan degli Esposito, noto a Napoli per il traffico di droga. Nei mesi  successivi la madre fa in modo che la sua denuncia venga resa pubblica e, ospite in due programmi televisivi di Rai Due, racconta apertamente le sue convinzioni sulla morte del figlio e sui responsabili della stessa.
Parlando delle denunce, delle indagini e delle numerose minacce che aveva ricevuto, ricostruisce la storia di Domenico – che è già tossicodipendente da otto anni – quando, nel maggio del 1991, esce dal carcere dopo circa un anno di incarcerazione. Uscito dalla prigione, viene subito cercato dagli spacciatori della zona per vendere eroina. Il ragazzo inizia a smerciare i primi grammi, ma quando le quantità di droga da vendere iniziano ad aumentare e non riesce più a piazzarla cerca subito di tirarsi indietro restituendo la droga ai fornitori. A capo dello spaccio c’è proprio Luigi Esposito, che Anna affronta di persona nel tentativo di migliorare la posizione del figlio e che, intanto, nelle stesse ore è fuggito a Mantova per nascondersi.
È il 7 settembre quando Domenico rientra a Napoli e viene immediatamente intercettato dagli uomini di “Nacchella”. La mattina seguente la madre riceve la notizia della morte del figlio e non appena le viene riferito che la causa della morte è un’overdose data da una siringa infilata nel polso destro, capisce che quella overdose è stata indotta da altri: Anna sapeva che il figlio si iniettava l’eroina solo nel braccio sinistro. Essere madri significa anche conoscere dei segreti del proprio figlio che non si vorrebbe mai scoprire.
Anna e Carmine da subito portano avanti la loro battaglia per la verità, sottraendosi a quella logica della vendetta, della legge del taglione, che forse in una faida tra famiglie (gli Amura e gli Esposito) inserita nella guerra di camorra non avrebbe fatto molto scalpore. Anna aveva deciso di spezzare la catena di violenza affidando la sua verità alle autorità consapevole che il prezzo da pagare poteva essere la sua vita.
Dopo l’uccisione di madre e figlio furono fermati i camorristi Angelo Liccardo e Luigi Esposito che già all’epoca della morte di Domenico sarebbe dovuto essere agli arresti domiciliari ma che, nella realtà dei fatti, poteva circolare liberamente. Furono rilasciati pochi giorni dopo per mancanza di sufficienti prove a loro carico.


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