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Migranti feriti a Tripoli, Msf: “Evacuare subito i centri di detenzione”

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Dopo l’attacco al centro di detenzione di Qasr Bin Gashir, i medici dell’organizzazione umanitaria confermano che i migranti sono stati feriti da colpi di arma da fuoco. All’interno oltre 700 persone, Msf ha partecipato al trasferimento di 30 di queste, tra cui 12 bambini

BOLOGNA – Rifugiati e migranti nel centro di detenzione di Qasr Bin Gashir a Tripoli, in Libia, sono stati attaccati e feriti da colpi di arma da fuoco. Lo conferma Medici senza frontiere, le cui équipe hanno analizzato le evidenze relative al violento attacco del 23 aprile scorso al centro in cui erano rinchiuse 700 persone, tra uomini, donne e bambini. Non c’è ancora un quadro chiaro di quanto avvenuto e di quali siano state le conseguenze per le persone, secondo alcune testimonianze ci sarebbero alcuni morti e almeno 12 feriti. “Sebbene non tutti i dettagli dell’incidente possono essere confermati, foto e video analizzati dicono che le ferite sono compatibili con colpi di arma da fuoco, queste osservazioni sono confermate dal racconto di numerosi migranti e rifugiati che erano presenti e hanno detto di essere stati brutalmente e indiscriminatamente attaccati con armi da fuoco”, scrive Msf. “Siamo costernati. Niente giustifica un attacco violento contro civili intrappolati in una zona di conflitto e gravemente vulnerabili – ha detto Karline Kleijer responsabile di Msf per le emergenze – Limitarsi a condannare questa violenza non ha senso se la comunità internazionale non agisce subito per evacuare le restanti migliaia di migranti in pericolo verso condizioni di sicurezza”.

Un incidente che poteva essere evitato. Da due settimane, Msf e altre organizzazioni umanitarie denunciano la condizione di pericolo di circa 3 mila migranti e rifugiati nei centri di detenzione chiedendone l’immediata evacuazione. “La Comunità internazionale non può che essere incolpata per la sua totale inazione verso le persone bloccate nei centri – continua Kleijer – Oggi Msf sta di nuovo implorando che queste persone vengano immediatamente evacuate dal Paese. Fino a quel momento saranno in serio pericolo di subire un altro attacco o di finire nel fuoco incrociato”.

Medici senza frontiere ha ricevuto un video sull’attacco al centro di Qasr Bin Gashir. “Sentire la paura e la disperazione nelle urla delle donne riprese nei video spezza il cuore. Anche  bambini piccoli, ragazzini e diverse donne incinte hanno subito questo evento traumatico – ha detto Hassiba Hadj-Sahraoui, consulente umanitaria di Msf per la Libia e il Mediterraneo – Molte di queste persone hanno già subito la violenza dei centri, alcune diverse volte dopo essere state intercettate in mare e riportate in Libia. Questo attacco senza senso poteva essere evitato se gli appelli lanciati due settimane fa per evacuare i migranti dalla Libia fossero stati ascoltati”.

Nei giorni successivi all’attacco, sono stati effettuati alcuni trasferimenti d’urgenza e la popolazione di Qasr Bin Gashir si trova ora al centro di detenzione di Zawiya, fa sapere Msf. Durante una missione medica per rispondere all’attacco, Msf ha trasferito 30 persone, tra cui 12 bambini, fuori dall’area colpita, mentre le altre persone detenute nel centro sono state trasferite da altre agenzie umanitarie. “Sebbene non siano più in prossimità dei combattimenti, queste persone si trovano ancora in condizioni pericolose e degradanti, mentre le mutevoli dinamiche del conflitto continuano a rappresentare un rischio per tutte le persone bloccate nei centri di detenzione dell’area di Tripoli”, scrive Medici senza frontiere.

Da quando sono scoppiati i combattimenti, l’Organizzazione mondiale della Sanità ha registrato 296 morti, tra cui 21 civili, e 1.441 feriti. Oltre 35 mila persone sono state costrette a lasciare le loro case secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Medici senza frontiere chiede “a tutte le parti in conflitto di rispettare il diritto internazionale umanitario e di prendere ogni misura necessaria per garantire che i civili e le infrastrutture civili siano protetti e che al personale medico e umanitario sia consentito fornire assistenza medica salvavita a tutte le persone che ne hanno bisogno su entrambi i lati della linea del fronte”. (lp)

Da redattoresociale


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