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Il processo a Saviano “occasione” per accendere la luce sulle querele temerarie

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E’ destinato a diventare un processo famoso e importante quello in cui si contesta il reato di diffamazione a Roberto Saviano in danno di Matteo Salvini, definito dalla scrittore “ministro della malavita”. L’autore di Gomorra ha già dichiarato che andrà con serenità davanti ai giudici a difendere la legittimità di quella frase nell’ambito del diritto di critica, che rientra nella libertà di espressione garantita dalla Costituzione. Eppure non può sfuggire il confronto tra questo atteggiamento di uno scrittore e giornalista che accetta di essere giudicato e va a sostenere la sua posizione in un’aula di Tribunale e la scelta, fatta peraltro nello stesso giorno, di un ramo del Parlamento che alza lo scudo davanti alla giustizia e scherma da qualunque giudizio uno dei suoi membri. Perché è così che è finito il caso Diciotti, con il no del Senato al processo a Salvini. Siccome le due vicende si snodano nelle stesse ore è ancor piu’ evidente la disparità di trattamento tra due cittadini e soprattutto il modo di porsi davanti alla legge. Questa storia però si porta dietro anche qualcosa di diverso e piu’ incisivo, poiché mette in luce la connotazione di bavaglio che possono avere, e che spesso hanno, le querele per diffamazione contro i giornalisti. Esse non sanano un vulnus della presunta parte offesa, bensì cercano di reprimere la libertà di espressione e di critica, specie se queste riguardano poteri forti, tipo la politica, appunto. I politici, generalmente intesi, quindi dal Ministro dell’Interno in giu’, passando via via per assessori regionali, parlamentari, presidenti di province ed enti pubblici vari, usano molto spesso lo strumento della querela temeraria, tanto non costa nulla presentarne una grazie all’amico avvocato e membro di qualche prestigioso studio legale del Paese. Il quale poi, in cambio, avrà consulenze per l’ente rappresentato da quel politico e tutto, nei conti, andrà a posto. Se la legge di riforma sulle querele bavaglio è ferma in Parlamento da anni, e non è una priorità dell’attuale maggioranza, un motivo ci sarà. La querela di Salvini contro Saviano ci sta servendo su un piatto d’argento uno dei motivi. Il processo allo scrittore, nonostante tutto, è una buona occasione per accendere i riflettori sulle azioni infondate, pretestuose e intimidatorie che ogni giorno si consumano contro centinaia di anonimi giornalisti italiani. Questo processo sarà seguito e raccontato dallo stesso imputato e potrà dimostrare due assunti. Il primo: la politica non ha interesse ad una effettiva libertà di stampa e anzi sta concretamente agendo per restringerla, mettendo in pista suoi illustri rappresentanti. Il secondo: molti politici autori di querele utilizzano gli enti e le istituzioni che temporaneamente rappresentano per rendere ancor piu’ forte la loro azione intimidatoria. E per non pagare le parcelle legali. In centinaia di casi va così. Vedremo se questa è un’illustre eccezione.


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