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Strasburgo, Sallusti vince la causa sulla condanna per diffamazione. Fnsi: «Basta carcere per i giornalisti»

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La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per aver violato il diritto alla libertà d’espressione del direttore del Giornale, all’epoca dei fatti alla guida di Libero: pur riconoscendo la giustezza della condanna i giudici hanno ritenuto la pena detentiva «manifestamente sproporzionata».
La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per aver violato il diritto alla libertà d’espressione di Alessandro Sallusti ritenendo «manifestamente sproporzionata» la sua condanna al carcere per diffamazione per due articoli pubblicati su Libero nel 2007, quotidiano che dirigeva allora. Nella sentenza, in cui i giudici hanno riconosciuto a Sallusti 12 mila euro per danni morali (lui ne aveva chiesti 100 mila), la Corte riconosce la giustezza della condanna del direttore per diffamazione, ma considera che questa non avrebbe dovuto tradursi in una pena da scontare in carcere.  Da qui la violazione del suo diritto alla libertà d’espressione.

«La sentenza di condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti umani per la violazione della libertà di espressione rafforza la campagna ‘No tagli, No bavagli’ avviata dalla Federazione nazionale della Stampa italiana e la battaglia per la cancellazione del reato di diffamazione a mezzo stampa che il sindacato dei giornalisti porta avanti da tempo», è il commento di Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Fnsi.

«Il risarcimento che la Corte ha riconosciuto ad Alessandro Sallusti per essere stato condannato ad una pena detentiva – proseguono – rappresenta un atto di messa in mora del Parlamento e del Governo italiani che continuano ad ignorare tutte le proposte di legge tese a depenalizzare la diffamazione e a contrastare le querele bavaglio, ormai diventate la forma più diffusa di minaccia ai cronisti e alla libertà di stampa. Cancellare il carcere non significa, infatti, riconoscere ai giornalisti una sorta di impunità. La diffamazione va sanzionata, ma il carcere, come nel caso di Sallusti, è incompatibile con la libertà di espressione e con l’articolo 21 della Costituzione».

I fatti del caso risalgono al febbraio del 2007 quando Libero pubblicò due articoli in cui si sosteneva che una ragazzina di 13 anni era stata costretta dai genitori e dal giudice tutelare ad abortire. La notizia era già stata pubblicata il giorno prima da altri quotidiani che tuttavia lo stesso giorno avevano precisato che la 13enne non era stata forzata ad abortire ma lo aveva voluto.

Ad aprile il giudice tutelare aveva denunciato Sallusti per diffamazione. Il giornalista venne condannato per omesso controllo per un articolo e per diffamazione aggravata per l’altro a risarcire 30 mila euro e a un anno e due mesi di carcere. Alla fine, dopo 21 giorni agli arresti domiciliari, il presidente della Repubblica commutò il carcere in una multa.


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