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Milano, porte aperte a mamme e bambini

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di Paolo dell’Oca

Arche::LombardiaLucia è una donna di 32 anni ed è mamma di Chanel. È arrivata ad Arché poco dopo aver saputo di essere incinta. Il suo compagno, appena appresa la notizia, l’aveva lasciata e Lucia era andata in crisi. Un crollo emotivo forte, una profonda depressione, che le fece perdere anche il lavoro. «Quando è nata Chanel – racconta – ci siamo ritrovate sole. Passavo lunghe giornate a piangere e a dormire e intanto la piccola cresceva senza di me. Quando aveva cinque anni ci hanno sfrattate e siamo finite in mezzo a una strada. Poi siamo arrivate ad Arché: qui è ricominciato tutto».
Dopo il suo arrivo ad Arché, Lucia è stata affiancata a un’educatrice. Lentamente, grazie al supporto di tutti gli operatori, ha recuperato la serenità: «Ho capito che avevo la forza per rimettermi in piedi – racconta – È stato faticoso ma volevo farcela! Ora ho un nuovo lavoro come aiuto barista e insieme ad Arché stiamo cercando un’abitazione dove Chanel e io possiamo essere finalmente una famiglia». Questa è la storia di Lucia, una mamma che, grazie al suo impegno, è tornata a sorridere.
La Onlus Arché è stata fondata da padre Giuseppe Bettoni e opera a Milano dal 1991. Nacque quasi tre decenni fa, durante l’epoca dell’emergenza dell’HIV dei bambini: l’eroina era una piaga diffusa tra i giovani, molti di loro erano genitori e sieropositivi e, a loro insaputa, trasmettevano la malattia ai figli. La scienza non aveva ancora fatto i passi da gigante che ha fatto ai giorni nostri: non esistevano terapie per gestire l’HIV che, troppo spesso, mieteva vittime. Padre Giuseppe Bettoni era un giovane parroco di Milano e fu il primo, in città, ad avere il coraggio di radunare intorno a sé un gruppo di fedeli per affrontare il problema: insieme a loro, avvicinò le famiglie di genitori tossicodipendenti e le aiutò, anche nella cura dei bambini. Molti, purtroppo, ne seppellì.
Poi l’emergenza dell’HIV venne meno, i farmaci antiretrovirali fecero il loro ingresso e impedirono la trasmissione verticale del virus. Ma Arché non abbandonò la sua missione: cominciò a dedicarsi alle mamme e ai bambini che stavano vivendo un momento di difficoltà. Donne maltrattate, donne in emergenza abitativa o lavorativa, donne con fragilità personali che avevano bisogno di una mano per accudire i loro bambini. A Milano, Roma e San Benedetto del Tronto. La prima comunità educativa fu fondata nel centro del capoluogo lombardo nel 1997. Nel 2014 aprì invece la seconda comunità, CasArché, che si trova ancora oggi a Quarto Oggiaro, a Milano.
Un percorso iniziato più di 25 anni fa, quello di Arché, e che continua: a dicembre è stata posata la prima pietra della Corte di Quarto, un nuovo edificio che sarà costruito accanto a CasArché. L’edificio ospiterà 14 appartamenti per nuclei mamma/bambino che arrivano da precedenti percorsi comunitari, mentre al pianterreno ci saranno spazi comuni per attività aperte e connesse al territorio.
«Crediamo che il benessere collettivo derivi dalla ricchezza delle relazioni tra le persone, dalla vicinanza, dal mutuo supporto, dalla coesione sociale – ha detto padre Giuseppe Bettoni, fondatore e presidente di Arché – Solidarietà è la parola chiave: perché la solidarietà è una responsabilità di tutti, è una necessità ed è un requisito fondamentale per uno sviluppo sostenibile e una miglior qualità di vita».

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