Incontro Franco in un bar con i videogiochi. E’ molto frequentato. “Sai, la maggior parte sono operai che si giocano tutto credendo in una fortuna improvvisa. Le cose qui non vanno bene. Stanno chiudendo negozi storici, ristoranti, piccole attività di fornitura di servizi, tipo il catering”. Cassino-Formia, la strada tra l’Abazia più famosa d’Europa e il mare, è l’emblema di una dismissione economica che si fa stringente. A due passi dal bar c’è un club a luci rosse che apre dopo le 22 ed è meta di chi non vuole vedere il declino oppure cerca un po’ di felicità a basso costo. “Le ragazze sono quasi tutte dell’Est – dice Franco – e gli spettacoli sono praticamente un pretesto. Il giro grosso è quello della prostituzione. La sera tardi qui fuori non ci si può stare se non sei cliente. E’ pieno di papponi e spacciatori di cocaina, qualcuno presta i soldi per chi gioca alle slot machine. Non lo diresti eh?”. No, non lo direi. Siamo a due passi da uno dei graziosi e pacifici centri storici della Ciociaria più periferica, quella che corre verso la Campania e che conserva valori, tradizioni, abitudini. Molti da queste parti ancora coltivano la terra, producono cereali, allevano pecore, portano le mucche al pascolo. Le contraddizioni si toccano con mano in pochi chilometri nel circondario dove insiste la Fca Auto, già Fiat, l’ultima vera grande fabbrica del centro sud, la più grande del Lazio che di stagioni difficili ne ha viste davvero tante. Ma che adesso si prepara a quella che potrebbe essere l’ultima mazzata, l’ecotassa.
“Questo stabilimento ha già delle fragilità e siamo molto preoccupati dagli effetti che potranno scaturire dall’applicazione dell’ecotassa. Si tratta di stabilire se anche i modelli prodotti qui verranno toccati dalla tassa, aspettiamo il decreto attuativo ma già adesso c’è molta preoccupazione nell’ambiente – dice Anselmo Briganti, segretario della Cgil di Latina e Frosinone – perché è a rischio non solo la Fca ma un indotto grandissimo. Qui può crollare davvero tutto e sarebbe un disastro per il sud del Lazio ma pure per le regioni vicine. Penso al Molise che è un’area in difficoltà e che ospita molte piccole aziende che lavorano nell’indotto Fca. Senza contare le conseguenze sulle stabilizzazioni: lo stabilimento di Cassino ha 4000 dipendenti e si stava lavorando per la stabilizzazione degli interinali. Ora si piomba di nuovo nell’incertezza”.
In questi giorni nel cassinate non si incontra un parlamentare della Lega o del Movimento Cinque Stelle neanche a cercarlo col lanternino perché l’aria non è buona per loro da queste parti, dove il 4 marzo del 2018 hanno scalzato e spiazzato i solidi potentati di Forza Italia e del Pd. Ma adesso gli operai sono delusi e arrabbiati e l’intero mondo sociale economico e religioso è in rivolta.
La presa di posizione più dura arriva proprio dalla Chiesa locale. Il Vescovo di Sora-Cassino-Pontecorvo, Monsignor Gerardo Antonazzo, in una lettera pubblica critica apertamente la scelta del Governo sull’ecotassa introdotta dalla manovra finanziaria ed esprime preoccupazione per i possibili riflessi negativi sull’occupazione e sul tessuto sociale. Nella nota si ribadisce la necessità del rispetto dell’ambiente ma si sottolinea altresì come l’ecobonus premi l’elettrico che è un prodotto di nicchia. Pertanto “l’introduzione dell’ecotassa rischia di perseguire effetti contrari a quelli auspicati dai promotori”. Monsignor Antonazzo ricorda che “per tanti il lavoro è stato ed è il lavoro della fabbrica” e che “l’economia della fabbrica è stata un frutto diretto dell’umanesimo civile che ha generato una grande officina cooperativa da cui è rinata un’Italia nuova e più moderna, fondata sul lavoro e ogni giorno rifondata dai lavoratori, compreso quel lavoratore che viene definito imprenditore”. Poi un richiamo diretto al Governo perché riveda le posizioni sull’ecotassa come fatto per la “tassa sulla bontà” diretta alle onlus.
E’ difficile pensare che questo intervento della Chiesa sia avvenuto senza un preventivo ascolto delle forze sociali e politiche, persino con i vertici di Fca, visto il prestigio che l’Abazia di Montecassino ha avuto nelle decisioni strategiche che hanno riguardato il territorio. La famiglia Agnelli ha da sempre un rapporto di grande rispetto per l’Abazia, consolidato negli anni.
Ma anche l’ambiente laico si sta mobilitando: manifestazione del Pd regionale e assemblea di tutti i sindaci del comprensorio presso la sala consiliare di Cassino. Alla fine dei lavori nota di unanime preoccupazione per le ripercussioni occupazionali della tassa sulle auto “inquinanti”. Molti amministratori locali sono direttamente dipendenti della Fca o di aziende dell’indotto. Da queste parti in ogni famiglia almeno un componente lavora in ambito Fca.
Lo stabilimento di Cassino ha una storia controversa, gli operai che sono entrati negli anni 70 erano in parte agricoltori che dopo il turno tornavano ad allevare pecore e ad arare i campi (detti per questo metalmezzadri), oppure erano emigrati di ritorno dalla Svizzera, dalla Germania e dal Regno Unito, tornavano, si iscrivevano al collocamento e andavano in Fiat. Alla fine degli anni 70 dalla Fiat è passato il dramma delle Brigate Rosse, tra gli operai ci sono stati molti soggetti borderline e comunque un commando ha ucciso il capo della sicurezza dello stabilimento, il 4 gennaio 1978 con rivendicazione degli Operai armati per il comunismo. In questo momento in fabbrica ci sono o operai al limite della pensione o giovani interinali. La Fiat arrivò a Cassino perché la volle Giulio Andreotti che in Ciociaria comandava tutto in quegli anni e, soprattutto, perché spinse l’Abazia di Montecassino, simbolo di un potere granitico, a suo modo anche politico oltre che culturale. Grazie alla Fiat poi sono arrivate l’autostrada A1 e l’alta velocità ferroviaria, due infrastrutture che altrimenti non sarebbero mai state costruite lì. Stessa cosa per l’Università di Cassino (detta del Lazio Meridionale) la cui facoltà di Ingegneria è strettamente collegata con lo stabilimento. Ecco perché se traballa Fca può crollare un pezzo di economia del Paese.