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Pensare l’Europa

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Proviamo a pensare. Abbiamo ancora un po’ di tempo per riflettere sull’Europa, prima delle elezioni di fine maggio. Di solito, in Italia, le elezioni europee sono considerate “leggere”, quasi astratte, lontane dall’urgenza e dalla conoscenza del territorio e dei suoi candidati. Eppure, visto che abbiamo un po’ di tempo, sarebbe il caso di fare un pensiero un po’ più lungo sull’Europa.
Il suo mito nasce da un rapimento e una violenza, e forse questa è l’impronta originaria di un continente cresciuto in ferocia ed intelligenza, tra mille stragi, guerre, invasioni, ma anche parole piene di meraviglia, immagini, incontri, mescolanze di lingue e di popoli.
La prima “unificazione” è realizzata, almeno in parte, dalle legioni romane. La chiesa di Roma ne raccoglierà l’eredità “spirituale” e qualche secolo dopo, Carlo Magno edificherà il Sacro Romano Impero, sintesi feudale tra “barbari” e latini, tra spada, vangelo e “diritto”. Dopo guerrieri e contadini, arrivano i mercanti, che, piano piano e a loro modo, con i Comuni e le Gilde, conquistano l’Europa. I mercanti devono saper leggere, scrivere e far di conto, e soprattutto si devono muovere liberamente su e giù, dal Mediterraneo ai Mari del Nord. Da queste parti nasce l’Umanesimo, che ci racconta chi siamo e come dovremmo essere, e il Rinascimento, che ci riempie gli occhi di una bellezza che può farci vacillare. Quasi subito sono arrivate le guerre di religione e siamo diventati bravissimi ad ammazzarci nel nome di Cristo. Abbiamo trasformato i fuochi di artificio in armi sempre più micidiali e così, massacro dopo massacro, abbiamo conquistato e sfruttato il mondo intero. Dopo secoli di contaminazioni culturali, abbiamo “inventato” la “limpieza de sangre”, in Spagna, contro ebrei e moriscos. Agostino, vescovo di Ippona, secoli prima, aveva “scoperto” il tempo lineare, che –secoli e secoli dopo, per una strana eterogenesi dei fini- ci ha “regalato” la catena di montaggio, sempre più veloce, produttiva ed alienante, come ci racconta “Tempi moderni”. Dopo la scienza di Galilei e la sua condanna per eresia (1633), dopo lo Stato Nazione e l’assolutismo –finalmente- arriva l’Illuminismo, laico, razionale e tollerante, composto da una élite di filosofi, giornalisti, viaggiatori e scienziati. E’ questo il nucleo fondante dell’Europa, che ancora oggi intravvediamo dentro di noi. Eppure, guerra dopo guerra da parte di nazioni alla ricerca di “spazi vitali”, con l’ “inutile strage” di due guerre mondiali, abbiamo superato ogni record di vittime, compreso l’orrore senza fine della “Shoah”, lo sterminio scientifico di milioni di ebrei, con il “corollario” di zingari, omossessuali, comunisti e socialisti, disabili, anche se “ariani”, e testimoni di Geova. Ma ecco, dopo il culmine di una ferocia pianificata dalla tecnologia applicata allo sterminio, tra razzismo e nazionalismo, arriva la “nostra” Europa. Tutto nasce nell’isola di Ventotene, con Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, tre antifascisti italiani al confino, che –nel 1944- ebbero la folle idea di immaginare un’Europa unita, pacifica e federale. Pochi anni dopo –almeno in parte- l’Utopia prende forma, grazie a grandi uomini politici di Paesi che fino a poco prima si erano combattuti senza tregua. I primi passi sono di carattere economico, ma dopo il Trattato di Roma (25 marzo 1957), con il Trattato di Maastricht, 7 febbraio 1992, l’unificazione diventa anche politica.
Questa, certo, sembra l’Europa delle élites e di burocrati molto ben pagati, dei paesi sovrani ed egoisti, incapaci di gestire la falsa emergenza delle migrazioni, che hanno abbandonato l’Italia e la Grecia al loro destino. Ma sarebbe assai miope fermarsi a questi –vergognosi- aspetti. Per guardare l’Europa bisogna avere generosità e uno sguardo lungo, verso il passato e il futuro. Perché una pace senza precedenti e un sostanziale benessere, che andrebbe condiviso e redistribuito in modo più equo, sono un bene davvero comune, soprattutto per i giovani. “Perché –parafrasando Benedetto Croce- non possiamo non dirci europei”. Ci proviamo?

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