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Leggi che ti passa. Qualche timido segnale positivo

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I dati sulla lettura di libri sono inquietanti e ci dicono che ben più della metà delle persone non si accosta neppure a un libro all’anno. Naturalmente, qui come in numerosi altri indicatori, c’è il gruppo che sta in cima alla piramide che – in questo caso- con il 18% genera la maggioranza del mercato. E’ il lascito del berlusconismo mai sopito, dell’impronta della televisione commerciale tramandata nell’uso fac-simile dei social, della distruzione progressiva delle roccaforti dei saperi. I riflessi di tutto questo sulle forme della cittadinanza politica sono evidenti, a partire dal crescente astensionismo elettorale.

Tuttavia qualche controtendenza sembra profilarsi, ancora timida e iniziale, e però interessante. Lo scorso lunedì il ministro delle attività culturali Bonisoli, coadiuvato dalla direttrice del settore competente dell’amministrazione Passarelli, ha istituito un tavolo di confronto finalizzato ad una complessiva riforma del comparto librario. Partecipi i vari soggetti della “filiera”, dalle associazioni degli editori al sindacato dei librai ad Amazon. Il tema si è fatto incandescente, perché la scarsa lettura è un indice assai negativo dello stato delle cose ed è urgente rimettere mano al quadro normativo, fermo alla “legge Levi”, la n.128 del 2011 in realtà limitata al tetto sugli sconti (a fronte del 5% voluto da Jack Lang in Francia, il 15% peraltro di incerta applicazion). La stessa Amazon, pur presente all’incontro, è una delle concause della crisi, essendo la sua offerta un mondo a sé fondato su convenienze di scala in grado di sbaragliare ogni concorrenza. Ecco, una prossima riforma dovrebbe esigere proprio da Amazon e dagli Over The Top coinvolti un contributo di solidarietà per rimpinguare il modesto “fondo per la promozione della lettura” che comunque esiste ed è un punto di riferimento. Se non si affronta la questione delle vendite in rete ogni linea di difesa delle librerie e dei canali classici di distribuzione rischia di essere vanificata. L’era digitale esige attenzione seria e creativa, accompagnata –però- dal rigore dei principi.

L’occasione per discutere e arrivare a qualche soluzione c’è. All’inizio di febbraio è previsto l’avvio dell’iter formale nella commissione cultura della camera dei deputati della proposta di legge “Disposizioni per la promozione e il sostegno della lettura”, prima firmataria Flavia Piccoli Nardelli. Ed è davvero augurabile che il governo voglia scommettere sul dialogo parlamentare, uscendo da logiche maggioranza-opposizione così ridicole davanti alla frana in corso nella condivisione della conoscenza. Il testo sottolinea la necessità di un piano d’azione nazionale unito a patti con le autonomie e gli enti locali, nonché di utili modifiche della legge Levi e di una specifica cura verso la digitalizzazione che incide non poco sulla fisiologia del diritto d’autore. Vi è, poi, il rilevante progetto di valorizzare con uno specifico “albo” le librerie indipendenti di qualità, vittime designate della competizione selvaggia in ciò che resta dell’industria del libro. Va aggiunto il rifinanziamento del tax credit previsto per le librerie, incredibilmente tagliuzzato nel polverone della recente legge di bilancio. Come pure è da migliorare il “bonus cultura” per i diciottenni (18app), affinché non rimanga una monade nel deserto, mentre servirebbe una complessiva politica sulle leve fiscali.

Del resto, gli economisti illuminati parlano di integrare il Pil (prodotto interno lordo) con il Bes (benessere equo e sostenibile). Facilitare la lettura è il primo passo.


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