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Qualcuno fermi Salvini: si crede un grande economista

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Detta ordini al Forum di Davos, spara a zero contro il Fondo monetario che taglia le stime di crescita, 0,6% come previsto da Bankitalia

Di Alessandro Cardulli

Ci mancava l’intervento del vicepremier e ministro Salvini Matteo. Senza le sue parole, da grande esperto di problemi economici quale pensa di essere, non si poteva aprire il Forum economico mondiale che si tiene a Davos, a partire da martedì. Non era contento di aver indossato un giubbetto tipico della Sardegna nell’occasione delle elezioni suppletive per il collegio uninominale di Cagliari, abbandonando per qualche ora quello  della polizia. Gli era andata proprio male perché a Cagliari aveva vinto, a sorpresa, il candidato del centrosinistra. Non sapendo contro chi sfogare la propria ira non ha trovato di meglio che prendersela con il Fondo monetario internazionale, che aveva osato tagliare le stime sul Pil italiano. Cosa che solo pochi giorni prima aveva fatto anche Bankitalia suscitando le ire del vicepremier Di Maio. Guarda caso anche il Fmi inserisce l’Italia nell’elenco dei paesi che provocano i maggiori rischi per l’economia mondiale. La crescita, si legge nell’aggiornamento del World economic outlook, si fermerà allo 0,6% nel 2019, 0,4 punti in meno rispetto a quanto fissato nel rapporto di ottobre. Resta invece invariata allo 0,9% la previsione per il 2020. A giustificare la revisione, affermano i tecnici dell’istituto di Washington, sono “la debole domanda domestica e i maggiori costi di finanziamento dovuti ai rendimenti elevati sui titoli di Stato”. Una conferma dei dati resi noti da Bankitalia. Lui non poteva restare secondo al collega vicepremier e affermava: “è il Fmi che è una minaccia per l’economia mondiale con previsioni errate, e pochi successi e molti disastri”.

La pattuglia della Ue in rappresentanza della Commissione

Un altro colpo al Salvini arrivava dal rapporto Oxfam, “Bene pubblico o ricchezza privata”, secondo cui il 5% più ricco degli italiani è titolare da solo della stessa quota di ricchezza posseduta dal 90%. Ancora: il 20% più ricco possiede il 72% del patrimonio totale, il 60% più povero ha il il 12% della ricchezza nazionale. Insomma verrebbe da dire una bella patrimoniale invece che tanti pasticci come quelli contenuti nella manovra di Bilancio. Sempre riferendoci al Salvini si fa circolare la voce che non gradisca la presenza a Davos, Svizzera, assente solo il presidente Usa, di sei commissari Ue, membri del Collegio. Si tratta del vicepresidente Jyrki Katainen e i commissari per il Bilancio e le risorse umane,  Gunther Oettinger, per la Politica di vicinato e i negoziati sull’allargamento, Johannes Hahn, al Commercio, Cecilia Malmstrom, agli Affari economici e monetari, Pierre Moscovici e alla Ricerca e  innovazione, Carlos Moedas. Il tema principale dell’incontro di quest’anno è “Globalizzazione 4.0: plasmare un’architettura globale nell’era della quarta rivoluzione industriale”. I membri del Collegio che partecipano al Forum di Davos di quest’anno, puntualizzano a Bruxelles rappresenteranno la  Commissione europea in dibattiti, sessioni e incontri bilaterali, per  comunicare come la Commissione sta “per trasformare l’Ue in un attore globale più forte, più competitivo e più innovativo al centro di un ordine internazionale basato su regole multilaterali”. Parole che non suonano bene, anzi suonano molto male alle orecchie del governo gialloverde  impegnato nella costruzione di un gigantesco imbroglio che si chiama manovra di Bilancio, con particolare riferimento al reddito di cittadinanza, ai centri per l’impiego che restano un mistero e quota cento per le pensioni. Già, i centri per l’impiego  dove verranno assunti con contratti a termine qualche migliaio di giovani i quali dovranno trovare un lavoro, possibilmente a tempo indeterminato, per i richiedenti. Loro, i tutor, diventeranno i nuovi precari. Davvero un capolavoro quello messo a punto dal ministero che fa capo al Di Maio.

Bordate dall’Fmi sui “gestori” dell’economia italiana. Rischio di crisi finanziaria

Non basta. Dal Fondo monetario arrivano bordate sui “gestori” dell’economia italiana. Si fa presente che i dati per il 2019 sono perfettamente in linea con quanto pubblicato nel Bollettino economico della Banca d’Italia. La situazione finanziaria dell’Italia insieme alla Brexit è “fra i principali fattori di rischio globali” indicati dal Fmi. “In Europa – dice il direttore della Ricerca del Fmi, Gita Gopinath, presentando il Rapporto – la suspence su Brexit, e il costoso intreccio fra rischi sovrani e rischi finanziari in Italia, rimane una minaccia. Gli spread italiani – si legge al primo punto della sezione sui rischi globali, che evoca anche una Brexit senza accordo – sono scesi dal picco di ottobre-novembre ma restano alti. Un periodo prolungato di rendimenti elevati metterebbe sotto ulteriore pressione le banche italiane, peserebbe sull’attività economica e peggiorerebbe la dinamica del debito”. L’analisi dei rischi prosegue poi con l’ipotesi di una “Brexit senza accordo dal carattere dirompente, con contagio all’estero, e un aumentato euroscetticismo intorno al voto europeo di maggio”. Rischi anche da una frenata peggiore del previsto in Cina, un’escalation commerciale, uno ‘shutdown’ prolungato negli Usa.

Il Fondo monetario ha tagliato le stime di crescita dell’economia italiana per l’anno in corso allontanandole dal +1% contenuto nella legge di bilancio del governo Lega-M5s. L’istituto di Washington ha fissato ora al +0,6% l’espansione prevista nel nostro paese nel 2019. Le previsioni di crescita nel 2020 sono rimaste invariate rispetto a quelle autunnali a un +0,9%,  in linea ai calcoli dell’istituto di via Nazionale. Le previsioni del Fondo  sono la prova del  rallentamento dell’economia italiana, per cui ha stimato una crescita del Pil dell’1,6% nel 2017 e dell’1% nel 2018. Anche l’Italia (con rendimenti dei titoli di stato elevati per un lungo periodo di tempo) viene citata come fonte di rischio per la stabilità del sistema finanziario insieme a un rallentamento peggiore del previsto della Cina. Il mondo rallenta in parte per via degli effetti negativi dovuti ai dazi in aumento adottati da Usa e Cina. Venendo  all’Eurozona Fmi peggiora le stime di crescita, l’1,6% per quest’anno, l’Italia fanalino di coda. Solo Parigi ha mantenuto lo stesso ritmo di crescita del 2018. La maggiore sforbiciata riguarda la Germania tagliata di 0,6 punti a un +1,3%. La Spagna è quella che crescerà di più (+2,2%, invariato rispetto a ottobre) seguita dalla Francia (+1,5% contro il +1,4% previsto in autunno). Se risulteranno corretti, questi calcoli starebbero a significare che solo Parigi ha mantenuto lo stesso ritmo di crescita sul 2018 mentre Berlino, Roma e Madrid  hanno fatto una frenata.

I rischi di una crisi finanziaria sono avvertiti dalla capo economista del Fondo monetario internazionale, Gita Goopinath. “Risolvere con la cooperazione, e velocemente, le dispute commerciali – ha detto – è l’imperativo categorico  a fronte i un’economia globale già indebolita dalla guerra dei dazi”. E su Brexit  ha affermato  che “occorre  risolvere immediatamente”.

Da jobsnews


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