La libertà di stampa e d’espressione è, anche in molti – se non in tutti – paesi dell’America Latina quotidianamente messa a rischio da violenze, intimidazioni e censure. Ciononostante, o meglio, proprio per questo motivo, qualcosa si muove: operanti in sette diverse nazioni, altrettante organizzazioni giornalistiche si sono tra loro unite per meglio sistematizzare e monitorare la libertà di espressione nei loro paesi. L’alleanza si chiama Voces del Sur ed è stata stipulata dalle organizzazioni Fundamedios (Ecuador), CAinfo (Uruguay), Fopea (Argentina), IPYS (Perù), IPYS (Venezuela), C-Libre (Honduras) e ANP (Bolivia).
“Il progetto – ha spiegato al Knight Center la giornalista peruviana Adriana Leòn – è in realtà la continuazione dell’iniziativa promossa dieci anni fa con soli tre paesi partecipanti, cioè Perù, Bolivia ed Equador che, con le rispettive organizzazioni sopra ricordate, avevano dato vita al gruppo per la libertà di informazione El Gali”. L’obbiettivo era quello di monitorare la situazione nei diversi paesi e, da qui, cominciarne un’analisi approfondita che prescindesse dalle sole misure quantitative: “Due anni fa – ha aggiunto Leòn – la Pan American Development Foundation (PADF), un programma statunitense per lo sviluppo della democrazia, ci ha contattato per riattivare questa iniziativa e abbiamo creato questo progetto chiamato Voces del Sur. Abbiamo realizzato un documento basato sugli standard stabiliti da entrambi, la Special Rapporteurship for Freedom of Expression di IACHR e UNESCO”.
Forte dell’ingresso di Uruguay, Argentina, Honduras e Venezuela, l’alleanza comincerà il monitoraggio basandosi su 12 indicatori, tra i quali ovviamente vi sono l’omicidio, il rapimento, la sparizione forzata, la detenzione arbitraria, la tortura, i procedimenti giudiziari (civili e penali) e l’uso abusivo del potere statale (anche se in quest’ultimo caso ci sarebbe da aprire un’enorme parentesi, dato il contrasto in molti paesi – dal Venezuela all’Honduras – tra gli standard internazionali di libertà di espressione e la giurisprudenza in vigore nella singola nazione).
Ma ciò che più interessa alle organizzazioni è la valutazione dell’opinione pubblica: per quale motivo, si chiedono i giornalisti, alla popolazione pare non interessare l’argomento? Perché questa indifferenza sociale verso la liberà di espressione? Urge un dibattito pubblico, bisogna informare la popolazione di quanto succede ogni giorno.
Per questo motivo, nel progetto di Voces del Sur c’è anche l’idea di attivare una piattaforma web regionale sulla quale raccogliere tutti gli avvisi emessi dalle sette organizzazioni, specificando il tipo e l’autore dell’eventuale aggressione (non solo fisica ma anche verbale ed attuata mediante ricorso all’intimidazione o alla censura).
Attraverso la piattaforma e i canali di diffusione di ciascuna organizzazione, il pubblico sarà informato sugli avvisi e, sulla base di tutte le informazioni raccolte, sarà presentata a luglio 2019 – cioè prima del forum politico sullo sviluppo sostenibile organizzato dalle Nazioni Unite (ONU) – un’approfondita relazione in merito.
I piani di sviluppi futuri vorrebbero la partecipazione di più paesi, ma qui, come spiegato dalla stessa Leòn, subentra un altro tipo di problema: se nell’America del Sud la libertà di stampa e di espressione è largamente limitata da azioni legislative di censura operate dagli stessi governi, in America Centrale – e certo non fa eccezione l’Honduras già membro dell’alleanza – ad essere gravemente minata è la stessa vita dei giornalisti, spesso minacciati da mafie e trafficanti d’armi e di droga. Il punto rimane però uno: gli stati non sembrano essere sensibili ai rischi posti dalle minacce fatte a media e giornalisti. L’alleanza stretta dalle organizzazioni giornalistiche operanti nei diversi paesi si dimostra così essere un primo passo per una più approfondita conoscenza del fenomeno e per la conseguente adozione di strumenti utili a contrastarlo.
Fonte: Kinght Center for Journalism in the Americas