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Erasmus e disabilità. Ewelina: il bello di studiare alle Canarie

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Nata in Italia da genitori polacchi, ha 24 anni, la distrofia muscolare e frequenta architettura all’Università Roma Tre. È al suo secondo Erasmus dopo Danzica

BOLOGNA – Ewelina studia architettura all’Università Roma Tre e vive nei dintorni della Capitale. Nata in Italia da genitori polacchi, 24 anni e la distrofia muscolare che le impedisce di camminare in autonomia, è al suo secondo Erasmus: dopo Danzica – proprio in Polonia per non avere troppe difficoltà con la lingua, dov’è stata da ottobre 2017 fino allo scorso luglio, spinta dall’entusiasmo di un suo compagno d’ateneo –, partirà presto alla volta di Las Palmas, nella Gran Canaria, nell’arcipelago spagnolo a nord-est dell’Africa, per una ricerca inerente la sua tesi di laurea magistrale. Lo farà nel secondo semestre, all’inizio del 2019, e spera che andrà meglio dell’esperienza precedente. La storia di Ewelina fa parte dell’inchiesta di Michela Trigari pubblicata sul numero di ottobre di SuperAbile Inail, il magazine per la disabilità dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro curato dall’agenzia di stampa Redattore Sociale.

“Dal punto di vista accademico e delle amicizie strette non c’è stato nessun problema, anzi. Ma la parte relativa all’assistenza personale e ai trasporti non è stata facile. Quando sono arrivata a Danzica, infatti, la mia assistente non c’era – racconta –: sono rimasta senza di lei per una settimana, poi mi sono rivolta a un’altra cooperativa polacca. Nel frattempo mia madre si è fermata qualche giorno in più del previsto per aiutarmi, ma anche con la nuova persona non mi sono trovata sempre bene: per questo penso che per andare in Spagna sceglierò un’assistente qui in Italia. Inoltre non tutte le fermate della metropolitana di Danzica erano accessibili e anche con i pulmini adattati, prenotati per gli spostamenti più particolari, c’è stato qualche intoppo”. Agli studenti universitari disabili che partecipano all’Erasmus, infatti, tocca tutta la parte burocratica e organizzativa: l’ateneo copre solo le spese. Ma per Ewelina “è stata comunque un’esperienza positiva: i ragazzi dello studentato in cui dormivo mi hanno aiutata molto, e poi c’era un grande senso di comunità, ho trovato tanti amici, ho perfezionato il mio polacco e infine ho conosciuto meglio la terra da cui proviene la mia famiglia”. Perché, a volte, studiare all’estero può servire anche a questo. (Michela Trigari)

Da redattoresociale


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