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Tensione alta a bordo della Sea Watch, migrante si butta in mare

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A bordo della Sea Watch 3 la tensione è altissima. I migranti sono esausti. In mattinata un ragazzo subsahariano, alla vista della costa maltese, si è gettato dalla nave tentando di raggiungere la costa a nuoto. Ha desistito a causa delle acque gelide e del mare mosso ed è stato immediatamente recuperato. Ma l’episodio dà l’idea dell’esasperazione a cui i 32 migranti sono giunti dopo due settimane di inutile attesa.

Eppure le prime luci dell’alba avevano preannunciato finalmente una mattinata senza voltastomaco. Quando siamo arrivati, dopo due ore di navigazione su un rimorchiatore maltese, l’umore dei naufraghi era quello di chi non ha perso del tutto la speranza. Dalla nave che nessuno vuole si vede terra, ed è difficile spiegare a chi credeva che l’Europa è la patria dei diritti umani, che forse neanche oggi si sbarcherà al sicuro.

Al risveglio i migranti hanno saputo che altre città europee si stanno candidando per riceverli. E la conferma arriva quando a bordo della Sea Watch sale anche una delegazione di parlamentari tedeschi che insieme a “Mediterranea” e Sea Watch nell’ambito dell’alleanza “United4Med” partecipano a una missione che ha tra i suoi scopi quello di portare supporto logistico e materiale alla nave, consentendo il cambio equipaggio e i rifornimenti.

Anche allo scopo di “raccontare – spiegano a bordo – le conseguenze della violazione dello stato di diritto nel Mediterraneo; di spingere gli Stati europei, a cominciare da Malta e dall’Italia, a dare un porto sicuro, come il diritto del mare prevede, alle 49 persone soccorse dalla Sea-Watch 3 e dalla Professor Albrecht Penck di Sea-Eye”.

Ieri dietro al promontorio di Birzebbuga, dove l’isola guarda a Sud, di tanto in tanto tra le increspature appaiono piccole luci intermittenti. I due vascelli umanitari, presi in ostaggio dalle folate che gonfiano il mare e dai calcoli della politica che misura il valore di 49 vite con il metro dei sondaggi, procedono in un andirivieni al riparo dalle raffiche peggiori. Non è il vento l’unico pericolo che gli equipaggi di “Sea Watch 3” e della “Professor Albrecht Penck”, la nave dell’Ong Sea Eye, devono scongiurare. Da due settimane i migranti naufraghi tratti in salvo il 22 e il 29 dicembre sono in attesa di un porto sicuro.

Alle loro spalle c’è la Libia, e non c’è niente come il loro sguardo che possa spiegare cosa si prova quando, anche solo per un’ora, la prua punta a sud, verso l’inferno che gli fa sembrare uno scherzo il voltastomaco provocato dal mal di mare. «Il tredicesimo giorno con i nostri ospiti a bordo di SeaWatch3 inizia a poche miglia dalle coste di Malta, dove ci è stato concesso di cercare riparo dalla tempesta, mentre i ministri dell’Ue continuano a contrattare per 32 esseri umani», scrive la Ong tedesca.

Neanche Sea Eye se la passa meglio, per quanto la gestione di 17 persone sia meno impegnativa. «Ci è permesso solo di avvicinarci alla costa, niente di più. Non abbiamo un “porto sicuro”, nessuna terra in vista per i nostri ospiti e il nostro equipaggio. È tempo di una risposta europea», insistono dal ponte di comando.

Credit Foto – Valerio Nicolosi


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