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Contrabbando: le mafie fanno il deserto e il governo la chiama pace

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Da mesi il governo parla di pace fiscale. Eppure non si capisce quando sia cominciata la guerra agli evasori. L’atteggiamento degli ultimi esecutivi sembra essere stato infatti tutt’altro che bellicoso verso chi non paga le tasse. Nel solo settore dei carburanti ogni anno vengono evase imposte per oltre 6 miliardi di euro. Una cifra da capogiro che vale quasi il superamento della legge Fornero e consentirebbe di pagare due terzi del reddito di cittadinanza. E invece, da almeno cinque anni, fa arricchire le più importanti organizzazioni criminali del nostro paese, a partire da Camorra e Cosa nostra. L’evasione è diventato il vero business delle mafie italiane. Un business portato avanti da cartelli criminali di cui fanno parte imprenditori spregiudicati e una rete di professionisti disposti a tutto pur di fare soldi facili. Ai media la faccenda sembra interessare poco e per i magistrati è tutto troppo complesso da dimostrare e portare in tribunale. I dati parlano in modo inequivocabile: 6 miliardi di evasione per gasolio e benzina, vale a dire profitti netti, e finora non è cominciato nemmeno un processo, i pochi arresti non guadagnano titoli sui giornali.

Tutto è iniziato più o meno alla metà degli anni 2000 con la liberalizzazione delle pompe di benzina. Sembrava un’ottima notizia: fine dello strapotere delle multinazionali petrolifere, apertura del mercato e quindi grandi risparmi per gli automobilisti. Nel 2012 arriva la seconda ondata liberalizzatrice con Monti: niente più contratti in esclusiva tra benzinaio e compagnia petrolifera, ognuno compri dove vuole. A maggiore libertà, non sono seguiti maggiori controlli da parte dello Stato: piena logica neoliberista. E così è partita l’inarrestabile catena alimentare nei carburanti: il pesce più grande e più cattivo ha iniziato a mangiare quello più piccolo e indifeso.

È da tempo che le mafie investono in stazioni di rifornimento, in grado di garantire un enorme flusso di liquidi e dunque infinite possibilità di riciclaggio. Ma negli ultimi sei anni, qualcosa è cambiato. Le organizzazioni criminali hanno iniziato a costituire una miriade di società con cui hanno acquistato e venduto carburante a prezzi estremamente competitivi. Lo sconto lo paga il contribuente: sulla benzina e sul gasolio venduto non viene pagato nemmeno un euro di Iva. In questo modo è nato un mercato parallelo a cui, secondo i calcoli di operatori del settore e della Dda di Napoli, si rifornisce il 30 per cento delle pompe italiane, quasi una su tre.
Evadere l’Iva in Italia è un gioco da ragazzi. Fino a un paio di anni fa, bastava un foglio di carta: una dichiarazione all’Agenzia delle entrate con cui la società giurava che il carburante era destinato al mercato europeo, promettendo dunque di pagare l’Iva in un secondo momento. Poi nessuno stava lì a controllare se il gasolio veniva venduto, con abbonante sconto, alle pompe italiane. Il Fisco se ne è accorto finora solo con tre o quattro anni di ritardo quando l’Iva è scappata e l’azienda è morta, tra le braccia di un prestanome nullatenente. L’affare è così ghiotto e privo di rischi che, secondo alcuni pentiti, i Casalesi hanno iniziato anni fa a investire nel business buona parte del loro tesoretto criminale. Hanno seguito a ruota criminali di media e piccola caratura, commercialisti truffaldini, avvocati temerari e disoccupati arruolati come prestanome delle società cartiera. Oggi sono diventati un esercito che sta conquistando il mercato italiano dei carburanti da nord a sud. I sequestri di carichi di contrabbando da parte della Guardia di Finanza sono aumentati ma i procedimenti giudiziari non decollano, si perdono nei cavilli delle competenze territoriali e dei vizi formali. Nelle Procure mancano le competenze fiscali per affrontare seriamente il problema e manca soprattutto un unico coordinamento nazionale della Direzione nazionale antimafia che in modo strutturale, e non episodico, tratti finalmente il contrabbando come un’emergenza nazionale. 6 miliardi di evasione in un solo settore sono troppi persino per un Paese come il nostro, dove gli evasori fanno il deserto e il governo la chiama pace.


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