BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Persecuzione delle famiglie rom e sinte di Asti

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Ad Asti, in via Guerra, è in corso una vera e propria persecuzione nei confronti di una comunità rom e sinta, il cui insediamento è presente da oltre trent’anni. Dopo aver subito numerosi episodi di ostilità, caratterizzati da insulti e minacce, anche nei confronti di donne e bambini, ora il campo sembra avere una sola prospettiva: lo sgombero, senza alternative socio-abitative. È una vicenda triste e crudele, in cui le istituzioni non esercitano funzioni di sostegno verso le famiglie indigenti né di accoglienza, che sarebbe dovuta, dopo tanti anni di emarginazione che hanno caratterizzato la difficile esistenza della la comunità. Così prevederebbero la Carta dei diritti fondamentali nell’Unione europea e la Piattaforma europea contro la povertà e l’esclusione sociale. Ma sembra ormai, in Italia, che le leggi e le convenzioni umanitarie non abbiano più alcun valore, sostituite da programmi di repressione e allontanamento dei poveri e degli esclusi. Nell’insediamento di Asti vivono cinquanta famiglie, trecento persone con più di centotrenta bambini, tutti vaccinati e scolarizzati, “apartheid” permettendo. Qualche giorno fa le istituzioni, nonostante la presenza di tanti minori, di donne incinte, di malati e di disabili, hanno staccato la corrente alle casette di fortuna costruite dai rom e sinti. Il Comune provvederà, in previsione dello sgombero già annunciato, alla luce delle parti comuni. Anche l’erogazione d’acqua sarà presto interrotta, se gli abitanti dell’insediamento non provvederanno a pagare le bollette, compresi gli arretrati: migliaia di euro che la famiglie non posseggono. Questo, nonostante le Nazioni Unite abbiano stabilito come diritto umano inalienabile l’erogazione di almeno cinquanta litri d’acqua al giorno pro capite. Durante una visita al campo, un assessore ha detto alle donne della comunità: “Fate meno figli. Lo ha detto anche il Papa”. La situazione è grave, così come gli episodi d’odio di cui sono stati vittime gli abitanti del campo, mentre nessun progetto sociale è stato attivato per assicurare alle famiglie una vita accettabile né la certezza di un futuro ad Asti.

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