Devo essere sincera. Appena letto il contenuto della proposta di modifica alla legge112 del 7 ottobre 2013 sul libero accesso all’informazione scientifica, non ho capito. La cito testualmente : l’istituzione, da parte del ministro dello sviluppo economico, nel termine di 90 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione, di una commissione per la divulgazione dell’informazione scientifica, con il compito di individuare le migliori forme di diffusione dell’informazione culturale scientifica attraverso i canali del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale.
L’individuazione delle migliori forme di diffusione dell’informazione culturale scientifica” mi era suonata all’inizio come l’istituzione di un riconoscimento che premiasse le migliori trasmissioni o i giornalisti in grado di divulgare in modo semplice ma con grande rigore scientifico. In realta’ , come sappiamo, si tratta di tutt’altro. un controllo di questo tipo rischia in realta’ di trasformarsi in un’ingerenza. Quell’”individuare” non si riferiva al trovare chi avesse agito meglio, ma al modo migliore di agire e da metterlo in pratica in tv, radio e canali multimediali. soprattutto, ovviamente, nel servizio pubblico.
Essendo direttamente interessata, visto che curo la rubrica di medicina “tg2medicina33” e mi occupo della redazione scientifica del tg2, ho cercato di riflettere sulla ricaduta di tutto cio’. L’ho fatto cercando di applicare un approccio scientifico, dunque scevro da pregiudizi politici ma che si basasse sui fatti. Iniziamo dunque il ragionamento.
La ministra per il sud Barbara Lezzi ha affermato durante un’intervista a la7, che questa commissione non dovrebbe controllare l’informazione scientifica ma fare in modo che vengano “date tutte le versioni possibili in merito ad un determinato argomento”.
la scienza pero’ e’ una, non ce ne sono varie. Se affermiamo ad esempio che la terra e’ rotonda, e io ho delle evidenze scientifiche in merito, non esiste un’altra versione dei fatti.
Ma una notizia scientifica da dove arriva? A noi giornalisti del campo arriva attraverso la lettura delle riviste scientifiche piu’ accreditate che pubblicano i risultati delle ricerche. Tali ricerche prima di essere pubblicate passano ad un vaglio tanto piu’ severo quanto piu’ le riviste sono autorevoli ( pensiamo a science, lancet ecc). Ogni articolo viene vagliato da piu’ referee, ovvero ricercatori esperti che in forma anonima (non sanno chi ha svolto la ricerca) ne valutano il valore scientifico prima della pubblicazione. poi le stesse riviste si avvalgono di autorevoli comitati composti da esperti.
Il valore scientifico passa attraverso il metodo di ricerca, la sua caratteristica innovativa, la sua attendibilita’ (possibilita’ di riprodurre ad esempio un test ed ottenere lo stesso risultato ogni volta) e la sua validita’ (ovvero la capacita’ di misurare esattamente il costrutto scientifico in oggetto e non un altro). Questo per dire che la scienza, se di questo parliamo, non e’ un’opinione. cio’ che puo’ essere oggetto di discussione, obiettivamente, sono le metodologie con cui viene condotta una ricerca empirica, ovvero basata sulla valutazione oggettiva dei fatti.
Esempio: se osservo che su 2000 persone, si prendono il raffreddore due volte l’anno solo gli individui al di sopra dei 70 anni, affermero’ che gli ultrasettantenni si ammalano di raffreddore piu’ degli altri. In questo caso pero’ qualcuno puo’ obbiettare che dipende dal campione scelto, dalla distribuzione geografica e lo strato sociale. Insomma, il metodo puo’ essere in alcuni casi discusso. Ma se dico che a causa dei vaccini puo’ avere seri problemi un bambino su un milione, questo non invalida l’efficacia di un vaccino che ha passato vagli e controlli validi e affidabili. Se poi vogliamo mettere in discussione proprio questo, ovvero il paradigma scientifico, cioe’ il sistema teorico-concettuale di base su cui poggia la ricerca scientifica, allora e’ un’altra storia, ma dobbiamo avere basi solidissime per una rivoluzione paragonabile a quella copernicana.
Detto cio’, se questa commissione dovesse operare un controllo non sul servizio pubblico e basta, ma ad esempio sul web e smascherare le fake news che fanno tanto danno, sarebbe fantastico. Una task force pronta a spulciare le chat pubbliche e i social alla ricerca di pericolosa falsa informazione scientifica , come quella che il cancro si cura col veleno degli scorpioni o che e’ meglio non sottoporsi alla chemio perche’ solo dannosa.
Se ci fosse un controllo su fake news come quella di stamina che sappiamo tutti i danni che ha provocato, ben venga una vigilanza del genere. Ma certo non dovra’ , al contrario, garantire un’informazione su argomenti senza fondamento scientifico solo per dare un’informazione “completa” ai cittadini, perche’ sarebbe solo disinformazione da parte del servizio pubblico, e questo non puo’ essere.
Sarebbe bellissimo se con il servizio pubblico si organizzassero trasmissioni dove si parlasse di queste notizie false ma popolari ,non per diffonderle ma per ristabilire il valore della scienza nell’interesse della salute della collettivita’. E comunque, se di servizio pubblico si parla, ci tengo a precisare che nella trappola di stamina, a cadere non fu certo la Rai .