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D.E.F. E MODA – La nuova collezione Achille Lauro primavera estate 2019: una scarpa e una ciabatta

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In tanti sorridono ancora ricordando l’arguzia con la quale, nell’immediato dopoguerra, il Comandante Achille Lauro – armatore e politico napoletano di destra – conquistava i voti sino a raggiungere eccezionali record di trecentomila preferenze locali e quasi settecentomila per la Camera: consegnava agli elettori la scarpa sinistra prima del voto con la promessa della destra all’esito del suffragio. Certo, aderivano all’iniziativa persone semplici, prive di spinte ideali, spesso fortemente carenti di cultura e quasi sempre in difficoltà economiche sicché, utilizzare il voto come strumento di baratto per un paio di scarpe, sembrava addirittura un’opportunità, uno scambio vantaggioso, un’occasione di tutta convenienza. In realtà, come ricordano gli storici, durante la sindacatura del Comandante, giunta sino al 1961, Napoli subì una forte trasformazione edilizia che ispirò a Franco Rosi il film Mani sulla città e ancora oggi ciascuno, a passeggio per la città partenopea, può considerarne le conseguenze.

I tanti che scambiavano il loro voto con un paio di scarpe non si rendevano conto di cedere, in realtà, il potere di governare, cioè plasmare la società secondo i valori ispiratori della personalità collettiva di un partito politico oppure, oggi più di ieri, soggettiva. Dagli anni di quell’Italia in cui furoreggiava Achille Lauro, è passato molto tempo sino all’Europa unita, all’euro, alla globalizzazione, all’innovazione tecnologica eppure le statistiche ci ricordano che la fascia della “povertà assoluta” è tuttora molto spessa e riguarda oltre cinque milioni di cittadini mentre sono oltre nove milioni coloro che vivono in famiglie rientranti nella “povertà relativa”, cioè due persone che dispongono di mille euro al mese, o meno, per la spesa.

La scarsità di risorse in cui versa una parte così rilevante della popolazione italiana (ben quattordici milioni!) si riflette inevitabilmente sul voto elettorale, spostandolo là dove la promessa di interventi migliorativi appare più credibile e immediata. Il consenso, poi, si accresce quando si individua l’immigrato come uno dei responsabili dell’impoverimento: tanto l’immigrato non vota e non ha strumenti per ribellarsi.

Intendiamoci, tutti i politici sono pronti a promettere interventi per risollevare situazioni economiche fortemente disagiate della popolazione ma, com’è noto, esistono due modi per intervenire sul problema della povertà: regalare il pesce, oppure regalare la canna da pesca insegnando a pescare.

È agevole comprendere come la prima alternativa sia quella che più facilmente ottiene il consenso perché è la risposta più semplice a un problema complesso come quello dell’indigenza e delle sue cause.

In una democrazia liberale la forza del consenso permette alle organizzazioni politiche che lo intercettano di ascendere al potere e, di qui, di accrescere il seguito quanto più si lotti per raggiungere il risultato promesso combattendo le regole che indicano come preferibile l’altra alternativa, quella della canna da pesca, ovvero degli investimenti. Né le problematiche italiane sono circoscritte alla Penisola. Problemi di povertà e di immigrazione li vivono tutti i popoli che aderiscono all’Europa sicché, soffiando sul fuoco di questo diffuso malessere, si mira a replicare il successo nazionale a livello europeo onde farne deflagrare le regole del rigore finanziario con lo scopo di stabilizzare le precarie condizioni finanziarie adottate per realizzare le promesse elettorali.

Il reddito di cittadinanza, la stretta sull’immigrazione e tutto ciò che sposa la rabbia diffusa tra la parte di popolazione meno abbiente, non sono altro che l’offerta della scarpa sinistra di questa stagione elettorale iniziata col voto dello scorso quattro marzo e che protende i suoi messaggi verso il voto del prossimo maggio per le istituzioni europee, ma la conquista di queste ultime da parte delle forze populiste non permetterà in seguito la consegna della scarpa destra.

La distribuzione di un reddito di cittadinanza che effettivamente risollevi le sorti di una porzione rilevante di coloro che versano in stato di bisogno avrà costi rilevantissimi per un bilancio che, come quello dell’Italia, già spende il 32% in più di quanto produce e tra le forze populiste degli altri Stati europei non si troverà facilmente comprensione verso la nostra finanza. È tipico del populismo internazionale negare qualunque aiuto a chi spende più di quello che produce. La risposta secca sarà quella di ridurre la spesa o produrre di più, ma se la spesa non si può ridurre senza intaccare il livello di welfare, per produrre di più occorrerebbe sin d’ora dare la canna da pesca invece del pesce. Ma ciò significherebbe rinunciare al “cambiamento” e, quindi, alla conquista dell’Europa. La prospettiva dopo le elezioni europee, se vinceranno le forze populiste, è quindi quella di non poter consegnare all’elettorato italiano osannante la scarpa destra. Se tutto andrà bene, invece della scarpa, si potrà consegnare una ciabatta e tra lo scettico popolo di Roma avere o essere ‘na scarpa e ‘na ciavatta significa trovarsi male assortiti, in situazioni non paragonabili fra loro, in evidente difficoltà. Occhio al voto per l’Europa!


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