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Dalla Carta di Assisi una promessa di futuro

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Centomila persone, tante e diverse identità, una solida e consapevole unità nei valori. Non era una folla quella che si è ritrovata ad Assisi per la Marcia della pace, ma una rappresentanza ricca e colorata del popolo della Costituzione. La prospettiva condivisa è chiara: riaffermare e sviluppare il progetto di democrazia sostanziale e progressiva che, radicato nella Resistenza, pone al centro lavoro, equità, diritti. E non è una battaglia di retroguardia, ma una promessa di futuro alla cui realizzazione opera anche Articolo 21 che, sul tavolo, ha calato la Carta di Assisi.
Uno strumento che codifica un metodo condiviso e inclusivo, utile a contrastare il discorso d’odio nella comunicazione. Un tema che, a maggior ragione nell’epoca della frammentazione dei media, non riguarda solo le lavoratrici e i lavoratori dell’informazione. Questo codice di autoregolamentazione, in tempi di precarietà e bavagli, vuole liberare il dibattito, centrandolo sui contenuti e non sui pregiudizi. Preciso è il punto di partenza: le parole sono strumenti con cui si maneggia una materia delicatissima, quale è la vita delle persone. E a nessuna persona devono essere negati rispetto e dignità. Una premessa imprescindibile perché, poi, il confronto si sviluppi e non precipiti nella rissa, in cui è assai facile che siano i più deboli a soccombere. La chiarezza nel dibattito impone altrettanta chiarezza nelle scelte di campo. E’ evidente che se rispetto e dignità sono le pietre angolari, le posizioni e le azioni che mirano a rimuoverle vanno contrastate, per evitare regressioni autoritarie o scorciatoie che svuotino le istituzioni repubblicane, recidendone il legame con i ceti popolari. Sfruttamento del lavoro, razzismo, fascismo, fake news, criminalità non sono “opinioni alternative” a diritti sociali, antirazzismo, antifascismo, informazione verificata e plurale, legittimità dell’ordinamento democratico fondata su corpi intermedi e bilanciamento tra poteri indipendenti. Chi ha cuore la Costituzione come premessa unificante per una democrazia del lavoro e dei diritti non ha incertezze su questa base valoriale.
Ad Assisi si è segnato un punto di ripartenza per una riflessione ampia che si possa determinare in un confronto capillare nei territori, come premessa per riannodare una rete sociale ampia. Potrà sembrare banale, ma davvero l’unione fa la forza. Sono tante le realtà che operano sul terreno dei diritti sociali e civili, tra loro inscindibili. Più questi soggetti saranno in grado di coordinarsi mettendo a valore comune i molteplici punti di contatto, più sarà possibile affermare e sviluppare, con organizzazione e responsabilità, una prospettiva radicale di democrazia del lavoro e realmente partecipata. Dopo Assisi si abbia, dunque, la forza di ampliare il ventaglio dei soggetti coinvolti, rinsaldando le relazioni e puntando a tornare presto e tanti in piazza per un nuovo grande momento di aggregazione e proposta che alimenti un movimento di trasformazione dell’esistente nella direzione del progresso.

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