Un milione e mezzo di euro. A tanto ammonta la richiesta danni da parte degli imprenditori agricoli Lazzaro di Castelnuovo Scrivia a 26 tra braccianti, attivisti e sindacalisti per gli scioperi e i presidi del giugno 2012. In quella occasione i lavoratori, stanchi di essere sfruttati e non pagati decisero di ribellarsi e incrociarono le braccia. Lo scorso luglio, a sei anni di distanza, i Lazzaro hanno citato in giudizio i braccianti che “con la regia e l’organizzazione da parte di sindacalisti – si legge nella citazione – diedero il via a una prolungata protesta”. I manifestanti erano entrati nel cortile dell’azienda agricola per chiedere informazioni sui lavoratori “licenziati” di colpo con un avviso scritto su un cartello: “Da oggi i marocchini non lavorano più qui”. Un lavoro, riferirono i braccianti, “pagato tra 300 e 400 euro al mese, nei campi dalle 6 alle 22, con un’ora di pausa pranzo”.
Dopo altre cause penali e un patteggiamento, arriva questa nuova citazione da parte dei Lazzaro in cui chiedono un enorme risarcimento per i mancati introiti da loro attribuiti alla protesta che “impedì la raccolta di fave, spinaci, fagioli, pomodori verze e cavoli, più la perdita del cliente Bennet”. Chiedono anche, ma non quantificano, il riconoscimento del danno morale e di immagine.
“Ci difenderemo da questa azione giudiziaria infondata e temeraria, respingendo le accuse – racconta l’avvocato Emanuele D’Amico che tutela i lavoratori – probabilmente faremo una “domanda riconvenzionale” per esigere i risarcimenti dei danni non richiesti nel procedimento penale in cui i Lazzaro sono stati condannati a un anno e sette mesi ciascuno con patteggiamento: sono loro che ci devono dei risarcimenti, non il contrario”.
Gli amici dei braccianti, tra cui Davide Serafin, hanno lanciato su GoFundMe una campagna per raccogliere fondi per il presidio permanente di Castelnuovo Scrivia: “I lavoratori venivano mandati a lavorare nei campi per pochi euro all’ora – raccontano sulla loro pagina di crowdfunding – All’inizio erano quattro euro, poi tre, poi più niente. Senza acqua. Senza divisa (se la portavano da casa), né scarpe adeguate. Senza attrezzi, che dovevano comprarsi personalmente. Nell’estate del 2012, dopo almeno due mesi senza ricevere alcuna paga, i lavoratori hanno protestato”.
Intanto è stata fissata al prossimo 7 dicembre la prima udienza di questo processo che i braccianti definiscono “intimidatorio”.