“Vergognati, ricordati che hai due figlie femmine e Dio è grande, io ne uscirò alla grande”. Le minacce, gli insulti e gli atti di violenza fisica o verbale nei confronti dei giornalisti che si azzardano a fare il loro mestiere, ormai non si contano più in Puglia. Questa volta è toccato a Maria Teresa Carrozzo, giornalista di Canale 85, “rea” di essersi occupata dell’inchiesta sui voti ottenuti in cambio di case popolari che ha travolto il Comune di Lecce. Un lavoro da cronista, il suo, che evidentemente non è risultato gradito al politico o funzionario di turno – tra i 48 indagati nell’inchiesta che ha fatto emergere finanche collusioni con la criminalità organizzata – al punto da rivolgere minacce esplicite sui social nel vano tentativo di fermare il lavoro d’inchiesta condotto dalla collega.
Ebbene, gli anonimi autori del vile gesto – dicono i presidenti dell’Assostampa Puglia (Bepi Martellotta) e dell’Ordine dei Giornalisti (Piero Ricci) – sappiano che non saranno le minacce, gli insulti e nemmeno le querele temerarie a fermare il lavoro dei giornalisti pugliesi e il diritto di cronaca nella nostra regione. Sappiano, altresì, che la “scorta mediatica” allestita in tutta Italia dalla Federazione della Stampa, col sindacato al fianco dei giornalisti vittime di minacce nelle aule dei tribunali, non arretrerà di un millimetro.