Un omaggio all’attrice dai lineamenti gentili e imperturbabili, ma dalla presenza autorevole e ferrigna era dovuto. Grande protagonista del cinema del ‘900, più volte fugace e pregnante in prestigiosi cammei, londinese, figlia d’arte, esordisce in teatro nel 1958 accanto al padre, Michael Redgrave. E’ l’incipit di una lunga e inossidabile serie di lady leggiadre e pugnaci. Dal teatro al cinema il passo è breve. Con Blow Up di Antonioni Vanessa entra a vele spiegate nell’orbita internazionale.
Le celebrazioni sono spesso imbarazzanti, specie se il soggetto è una donna che non ha mai indugiato nel glamour di superficie e che ha saputo scommettersi, senza mai tirarsi indietro nelle battaglie sociali, schierandosi schiettamente dalla parte dei deboli. Forte di questi trascorsi certamente la Redgrave si ergerà sul podio con classe e senso della misura. Sempre discreta e schiva l’attrice britannica ha sfiorato le vette della settima arte con disinvoltura, semplicità, lavoro assiduo e coerente, inalberando sul set il suo corpo longilineo e il suo sguardo liquido, segni inequivocabili di elegante fierezza e distinzione.
Pluripremiata nella sua lunga carriera in cui ha alternato il cinema con il teatro e la televisione, acclamata nel 2018 a Cannes per la regia del documentario Sea Sorrow, la Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia ha designato quest’anno Vanessa per il Leone d’oro alla carriera, un riconoscimento prestigioso che a volte può risuonare come consolazione, ma in questo caso suggerisce piuttosto l’esigenza di pareggiare i conti di una lunghissima carriera cinematografica senza mai un cedimento, senza sbavature o concessioni alle esigenze meramente commerciali.
Il cinema deve molto al suo rigore e alla sua ricerca costante del pianeta-donna che in mille rivoli dispiega la sua ricchezza e la sua grande forza d’amore. Il documentario I palestinesi presentato al Festival di Baghdad del 1978, di cui fu produttrice testimonia altresì il suo impegno politico e umano.
Tra i suoi indimenticabili cammei ci piace ricordare la struggente interpretazione della monaca reclusa, pazza d’amore, ne La storia di una capinera di Franco Zeffirelli. Il suo volto emaciato e la sua insostenibile sofferenza hanno scolpito una delle scene più intense del film.
Impossibile citare gli innumerevoli personaggi a cui ha generosamente prestato il volto. Tra tutti ricordiamo il ritratto squisito di Mrs. Dalloway, dall’omonimo romanzo di Virginia Woolf, una delle più raffinate interpretazioni a cui ha dato vita, congeniale al suo asciutto, sostanziale e impeccabile stile britannico. Ciò che ce la fa apprezzare rischierebbe in qualche momento di diventare algido, se il suo istinto innato non la mantenesse in un delicato equilibrio tra espressione contenuta e fuoco interiore, restituendo nella dolcezza degli occhi la tagliente potenza di una visione della vita attenta e vigile.
Per Vanessa l’attore ha una missione etica da compiere e in questo senso ha agito costantemente, sia nelle scelte professionali che nella vita privata, dimostrando che si può coniugare la passione artistica con l’impegno civile. La sua ultima interpretazione nel 2017 la vede, generosa ottuagenaria, ancora una volta attrice non protagonista nel delicato Film stars don’t die in Liverpool di Paul McGuigan.
Icona senza tempo, la sua tempra indomita traspare dietro il velato riverbero di malinconia del limpido sguardo volitivo. Vanessa Redgrave sulla ribalta del tempo ha lasciato orme che non si cancellano.