Da Partanna a Lecco, la meglio gioventù contro i clan

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di Davide Pati
“Questo caseificio è speciale, anche se forse non vuole esserlo, perché qui si produce la mozzarella di Don Peppe Diana su un bene confiscato alla camorra”. Sono le parole scritte nelle pagine del diario di Edoardo, giovane volontario che, come tanti suoi coetanei, ha deciso di partecipare all’esperienza dei campi di Estate Liberi organizzati dall’associazione Libera.
Sono sei mila i giovani volontari provenienti da ogni parte d’Italia, organizzati in gruppi o singolarmente, alcuni con gli amici, i compagni di scuola e persino con mamma e papà e cucciolo al seguito. Arrivati, dopo lunghi preparativi e talvolta dopo un lungo viaggio, in ventisette località diverse, per trascorrere una fetta d’estate piena di responsabilità, impegno così come di gioia, bellezza e speranza. Non solo nelle regioni “a tradizionale presenza mafiosa”, ma anche a Latina, Gergei, Scurcola Marsicana, Cupramontana, Erbè, Salsomaggiore, Lecco e San Sebastiano da Po, dove la presenza dei beni confiscati conferma – a trent’anni dall’approvazione della legge Rognoni La Torre (13 settembre 1982) – il grande lavoro dei magistrati e delle forze investigative per togliere le ricchezze alle mafie che hanno investito, riciclato e radicato i loro affari illeciti in ogni angolo del nostro paese.

Edoardo racconta anche che un giorno Massimo, il presidente della cooperativa dedicata al sacerdote ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994 nella sua Chiesa di Casal di Principe, gli ha dato un pennarello per chiedergli di scrivere “Olimpiadi di Londra” su alcuni contenitori.
È logico, pensa Edoardo, gli atleti dovranno pure mangiare. “Adesso quando leggerò dei trionfi dei campioni italiani, delle loro medaglie, non penserò solo a quanto sono stati bravi, preparati, determinati. Penserò a quello che hanno mangiato: la mozzarella olimpica, la mozzarella delle Terre di Don Peppe Diana”.
E fra i nostri campioni che hanno gustato la mozzarella della legalità, c’è anche Daniele Molmenti, atleta del gruppo sportivo del Corpo Forestale dello Stato.

Daniele è uno dei testimoni del video che migliaia di ragazzi delle scuole italiane hanno visto negli incontri che Libera, insieme al gruppo sportivo forestale, ha promosso durante l’iniziativa “Libera la Natura” che da due anni porta gli studenti delle scuole medie a praticare sport e correre sui terreni confiscati alle mafie.
Proprio su quei terreni dove nelle settimane scorse le mafie hanno provato a dare dimostrazione di aver rialzato la testa. Bruciando grano, orzo, agrumi, ulivi, oppure facendo divorare da pecore e mucche ettari di legumi. Tutto in pochi giorni, a San Cipirello, Castelvetrano, Partanna, Belpasso, Lentini, Isola di Capo Rizzuto, Mesagne, Pignataro Maggiore e Latina.

Anche il recente furto al centro polivalente sportivo dedicato a Padre Pino Puglisi e i tanti atti di intimidazione che si ripetono costantemente nei confronti di quei bravi amministratori locali e di quegli onesti imprenditori che non vogliono sentirsi soli contro il racket e l’usura (il prossimo 29 agosto ricorderemo Libero Grassi), ci impongono di essere credibili e uniti nel contrasto alle mafie: per sconfiggere le complicità e le connivenze ma anche la paura, l’indifferenza e la rassegnazione.
Proprio come ci ha ammonito Valentina Fiore, vicepresidente della cooperativa dedicata a Placido Rizzotto, nel giorno dei suoi funerali di stato, lo scorso 24 maggio, all’indomani dell’anniversario della strage di Capaci: “Da dieci anni lavoriamo sui beni confiscati ai mafiosi con la grande voglia di dimostrare che un altro modo di vivere e sperare nella nostra terra è possibile. Un modo che non svilisca l’impegno, le capacità, le intelligenze, ma che dia dignità e fiducia”, e rivolgendosi proprio a Placido, Valentina concludeva “Noi abbiamo voluto prendere la responsabilità della tua eredità. Le terre dove andavi anche tu con i braccianti, per occuparle, oggi sono frequentate da lavoratori, come me e te, che le coltivano con passione e professionalità”.

Da quella meglio gioventù che dimostra quotidianamente di saper fare impresa pulita e giusta.
E le parole di Valentina hanno preceduto solo di qualche giorno i pensieri di Maria, giovane volontaria in un bene confiscato a Latina, che, lo scorso 24 luglio, all’indomani dell’anniversario della strage di Via D’Amelio, ne ha ribadito il profondo significato scrivendo sul suo diario “Credo davvero che non ci sia niente di più bello di una gioventù che unisce le proprie forze e apprende nuove competenze, per raggiungere un obiettivo comune e soprattutto giusto, come quello di restituire alla comunità uno spazio che le è stato sottratto con la violenza. È la società civile che dà vita a legami, s’impegna e lavora per se stessa contro chi cerca di distruggerla e dividerla in vista di un proprio tornaconto personale. Non importa se ciò che abbiamo realizzato concretamente un giorno non ci sarà più, perché portiamo dentro di noi ciò che abbiamo imparato”.

Un po’ come amava ripetere don Pino Puglisi, prima di essere ucciso il 15 settembre 1993, a Brancaccio, vicino la sua Chiesa “Le nostre iniziative e quelle dei volontari devono essere un segno. Noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualche cosa. E se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto”.


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