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Genova, il campionato non si ferma

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Uno dei richiami più significativi della tragedia di Genova è una vignetta, dove al posto del vuoto causato al centro dal ponte crollato, ci sono due ragazzi di spalle che si danno la mano, uno ha la maglia del Genoa, l’altro della Sampdoria. C’è il dramma e c’è la voglia di andare avanti con una forza solidale che supera ogni rivalità. Anzi, in questo caso, la diversa fede calcistica unisce, fa capire che quelle magliette fanno parte della città e che le bandiere delle due squadre possono dar vita a un vento di vera solidarietà. Nella vignetta c’è la tragedia ed insieme la voglia di ricostruire, non soltanto un ponte, ma un tessuto sociale di cui Genova ha bisogno proprio ora che sembra isolata da tutto.
Genoa e Sampdoria hanno chiesto alla lega calcio di non giocare le partite con Milan e Fiorentina in calendario domenica per la prima giornata del campionato di serie A. La Lega Calcio, sentite le altre due squadre , ha detto sì, che le partite si possono rinviare e che anche
il calcio, a Genova, può vivere la commozione di una tragedia che coinvolge tutti.
Che coinvolge tutti, appunto.
E allora perché sono state rinviate soltanto le partite delle squadre genovesi?
Non sarebbe stato meglio rimandare tutte le partite d’avvio di questo campionato che presenta
nel suo cielo tante stelle, ma che sembra avviarsi con l’oscurità di una profonda tristezza?
Invece domani, sabato, subito dopo i funerali solenni dei morti del ponte di Genova, scenderanno
in campo Chievo e Juventus e poi, in serata, Lazio e Napoli.
Ci sarà l’esordio in campionato di Cristiano Ronaldo in uno sventolio di bandiere e poco dopo
la prima partitissima del torneo nel confronto tra la squadra di Inzaghi e quella di Ancelotti.
Sembra che molte squadre fossero d’accordo per uno stop generale, ma, almeno di sorprese dell’ultima ora, le partite sono state confermate.
Così abbiamo davanti agli occhi quella vignetta dei due tifosi di Genoa e Sampdoria che si danno la mano e che simbolicamente ricostruiscono quel ponte con la forza della vicinanza alla tragedia e poi il freddo di una decisione che conferma le altre partite. Il mondo del calcio passa improvvisamente da un legame a mani unite con una comunità nel dolore ad un distacco distratto che lo colloca lontano dalla società reale.
Si poteva almeno devolvere gli incassi delle partite a favore delle vittime del dramma di Genova e per la ricostruzione, ma il lunedì si parlerà della prodezza di quello e del gol di quell’altro, di un rigore dato e di un altro sfuggito all’occhio del Var, delle stelle lucenti e delle delusioni impreviste. E si capirà come mai il nostro calcio non è neppure andato agli ultimi mondiali. Perché è fuori, proprio fuori, dal mondo.


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