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La sequenza infinita delle violenze chiamate “goliardate”. Il clima di intolleranza dell’estate 2018

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Mani Ndonhbou Bertrad ha preso coraggio e pc e lo ha scritto, ha messo in rete, in un comunicato stampa per le redazioni, ciò che molti, italiani e no, pensano da un po’ di mesi: “Non vogliamo additare nessuno né un’intera cittadinanza ma in Italia c’è un clima di crescente intolleranza”. Mani Bertrand è il Presidente dell’Associazione camerunensi e ha commentato così l’ultima “goliardata”, ossia gli spari di tre ragazzi contro un giovane del Camerun che passava sotto la loro finestra ad Aprilia, proprio mentre loro – dicono – stavano provando il nuovo fucile ad aria compressa. E’ l’ennesimo episodio di questo tipo, gli autori del gesto, che integra il reato di lesioni con l’aggravante razziale, sono stati denunciati dai carabinieri e, anche questa volta, la giustificazione è stata: “Stavamo provando l’arma”. E’ solito tentativo, suggerito dalla difesa, di dribblare la volontarietà dell’azione che può costare pene durissime. Ma è quella frase, “crescente intolleranza”, che segna il solco e riporta indietro esattamente di 94 anni, al 16 agosto del 1924, quando fu ritrovato il corpo di Giacomo Matteotti, ucciso dalle squadracce fasciste inviate da Mussolini. Perché Matteotti era un dissidente, un diverso, dunque meritevole di essere punito, di morire. E anche allora il clima era troppo simile a quello attuale. C’è un che di già visto, anzi no, di già letto sui libri di Storia, dove il diverso era il nemico da combattere, diverso per il colore della pelle, più spesso per le opinioni, o perché disabile o di altra etnia e religione, comunque non allineato. E, in fondo, è ciò che è accaduto al camerunense, che ha avuto la sventura di attraversare la strada sbagliata dove cecchini razzisti stavano aspettando di provare un fucile ad aria compressa, ma ovviamente solo contro un uomo di colore. Stesso copione visto a Roma, neppure un mese fa: anche lì un dipendente dello Stato stava provando un’arma ad aria compressa e casualmente i pallini hanno colpito una bimba rom. I”diversi” sono sempre più spesso vittime di azioni violente assai gravi, altrimenti ribattezzate “goliardate”. Pure gli atti posti in essere dagli squadristi del ventennio fascista furono catalogate allora come goliardate e poi si è visto come è andata a finire. Goliardata è stata l’aggressione alla coppia gay a Verona, due settimane prima goliardata era stata definita l’aggressione ad un omosessuale nei pressi di un ristorante di Formia e così lo scontrini con il termine “froci” emesso da un locale di Roma. Quante altre goliardate ci aspettano in questa estate torrida e nefasta? Ci voleva, probabilmente, il comunicato stampa diffuso da Bertrand per rimettere i vocaboli al loro posto, dentro il significato originario, per tornare a chiamare le azioni con il loro nome. Ossia: “violenza” con dolo, non “goliardata”.


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