Il 28 luglio, giunto al giorno n.1810 di prigionia, Mahmoud Abu Zeid avrebbe dovuto conoscere il suo verdetto. Ma nell’ennesima udienza, la n. 71, mentre oltre 6o dei 739 imputati sono stati condannati a morte, per il foto-giornalista egiziano conosciuto come Shawkan è stato disposto un nuovo rinvio, all’ 8 settembre.
Shawkan è stato arrestato il 14 agosto 2013 mentre si trovava, per conto dell’agenzia fotografica Demotix di Londra, in piazza Rabaa al-Adawiya, al Cairo, a documentare il violentissimo sgombero di un sit-in della Fratellanza musulmana. Fu un massacro con centinaia e centinaia di morti in un solo giorno.
Ecco il lungo elenco di pretestuose accuse nei suoi confronti: “adesione a un’organizzazione criminale”, “omicidio”, “tentato omicidio”, “partecipazione a un raduno a scopo di intimidazione, per creare terrore e mettere a rischio vite umane”, “ostacolo ai servizi pubblici”, “tentativo di rovesciare il governo attraverso l’uso della forza e della violenza, l’esibizione della forza e la minaccia della violenza”, “resistenza a pubblico ufficiale”, “ostacolo all’applicazione della legge” e “disturbo alla quiete pubblica”.
La pubblica accusa ha chiesto anche per lui la pena di morte. L’8 settembre il giudice deciderà. Ma il suo “reato” è solo quello di aver fatto il suo lavoro.
Quel “reato” si chiama giornalismo.
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