Ancora una volta, sono i familiari delle vittime delle mafie a salvarci dal rischio che l’inevitabile retorica che accompagna le ricorrenze di stragi e omicidi eccellenti finisca per avere la meglio, facendo perdere la strada maestra nell’accertamento della ricerca della verità e della giustizia.
In questo caso ci ha pensato Fiammetta, la figlia di Paolo Borsellino, ad evitare che, in occasione del 26esimo anniversario della strage in cui persero la vita suo padre e i cinque agenti della scorta – Emanuela Loi, Agostino Catalano, Claudio Traina, Eddie Walter Cosina, Vincenzo Li Muli –, passassero sotto silenzio, tra cerimonie e commemorazioni, le importanti verità raggiunte nell’ultimo anno al termine dei procedimenti conclusi a Palermo e Caltanissetta.
Per il processo sulla trattativa Stato – mafia, dopo l’avvenuta lettura del dispositivo il 20 aprile di quest’anno in Corte d’Assise a Palermo, siamo ancora in attesa delle motivazioni, per cogliere fino in fondo il percorso logico e probatorio che ha portato alla condanna di uomini delle istituzioni e boss di Cosa nostra, ritenuti responsabili di un innaturale accordo giocato sulla pelle del nostro Paese.
Invece, per quanto riguarda la sentenza che ha chiuso a Caltanissetta il Borsellino Quater – pronunciata sempre il 20 aprile, ma dello scorso anno –, la recente pubblicazione delle motivazioni della sentenza non solo ha riaperto le vecchie ferite di familiari, ma anche innescato tutta una serie di dubbi, cui le tredici domande di Fiammetta Borsellino, pubblicate da “La Repubblica” alla vigilia del 19 luglio, danno finalmente corpo… continua su liberainformazione