Don Pietro Pappagallo qualcuno almeno lo ricorderà. Era il prete pugliese (nato a Terlizzi, Bari) che durante le persecuzioni delle leggi razziali trovò rifugio in Roma per centinaia di ebrei, aiutò la resistenza a organizzarsi in città, diede rifugio ad antifascisti e soldati alleati. Roberto Rossellini si ispirerà alla sua testimonianza per girare “Roma città aperta” (Aldo Fabrizi impersonava il prete).
Oggi, a distanza di 74 anni dalla sua uccisione brutale alle Fosse Ardeatine, viene riconosciuto come “Giusto tra le nazioni” nello Yad Vashem. Fu trucidato insieme ad altre 334 persone e un superstite ha testimoniato che poco prima d’essere ucciso alzò le mani verso il cielo pronunciando la formula dell’assoluzione su tutti i presenti. Su tutti i presenti.
Gino Crescentini non lo ricorderà mai nessuno. Fingendosi un fuggiasco, chiese rifugio e protezione a don Pappagallo e, avendoli ricevuti, lo denunciò. Era una spia dei fascisti. Per questo il prete venne arrestato e torturato brutalmente e poi trucidato.
Don Pappagallo scelse di stare dalla parte giusta della storia, quella della vita. Come dovremmo fare tutti. Sempre. Oggi, ad esempio, qualcuno lo definirebbe semplicemente “buonista” e sceglierebbe di stare dall’altra parte. Quella inevitabilmente sbagliata.