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Caso Alpi-Hrovatin. Si va verso la “costituzione di parte offesa”

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La Federazione della Stampa Italiana, insieme all’Ordine dei Giornalisti e a Usigrai, chiederà al Tribunale di Roma di costituirsi parte offesa nel procedimento penale per il duplice omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin avvenuto in Somalia il 20 marzo del 1994 e tuttora senza colpevoli accertati in sede giudiziaria.  Si tratta di una decisione senza precedenti che arriva su proposta dell’avvocato della Fnsi, Giulio Vasaturo, e che è maturata per cercare di rispettare fino in fondo  la volontà dei genitori di Ilaria, ossia arrivare ai responsabili di quel delitto che ha colpito duramente le famiglie Alpi e Hrovatin ma anche l’intera categoria dei giornalisti e degli operatori dell’informazione. Tutti loro si ritengono vittime di una lesione diretta provocata dal delitto e con questa motivazione gli organismi di rappresentanza dei giornalisti chiederanno di essere parte nel processo, che ha ripreso nuovo vigore (e speranza) con la decisione del gip del Tribunale di Roma di concedere altri sei mesi di tempo al fine di raccogliere ulteriori prove nell’inchiesta relativa ai due omicidi. Il giudice ha dato, come si sa, indicazioni alla Procura sulle indagini da integrare. La parte offesa, rappresentata dall’avvocato Vasaturo, vuole aiutare la Procura in questo percorso, dunque contribuire a raccogliere le prove nuove e utili alle indagini. E solo stando nel processo potrà farlo. In tal modo renderà ancora più efficace quello che finora è stato uno slogan di grande impatto: #noiNonArchiviamo il caso Alpi Hrovatin.

“La costituzione di parte offesa esiste nell’ordinamento per quanto sia un istituto poco utilizzato – dice l’avvocato Vasaturo – ma in questo caso appare più che calzante. Non sarà una costituzione solo formale per due ragioni. La prima: noi intendiamo effettivamente contribuire a raccogliere nuove prove attraverso il lavoro di inchiesta di un gruppo di giornalisti che si è già reso disponibile. Interviste, riscontri, documenti che saranno alla base di reportage giornalistici su questa vicenda potranno diventare strumento di prova da portare alla Procura. La seconda: gli organismi di rappresentanza dei giornalisti italiani intendono far valere in questo processo una posizione propria di vittime dell’accaduto e non più solo di supporto ai familiari, cosa che pure, ovviamente e doverosamente, è stata fatta in questi anni”.  L’iniziativa è stata illustrata nel corso di una conferenza stampa presso la Fnsi, cui hanno partecipato il Presidente Giuseppe Giulietti, il segretario Raffalele Lorusso, il segretario del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Guido D’Ubaldo, il segretario dell’Usigrai Vittorio Di Trapani, il direttore e i giornalisti del Tg3, testata per cui Ilaria e Miran lavoravano, nonché i vertici e i direttori delle altre testate Rai. Ma l’appello ad aiutare a raccogliere prove è stato esteso a tutte le testate giornalistiche perché il loro lavoro di inchiesta sul caso Alpi entri nel processo.

“Se la richiesta di costituzione di parte offesa dovesse essere accolta, come ci auguriamo, le inchieste dei giornalisti potranno diventare prove da sottoporre alla Procura e crediamo che questo sia il modo migliore per non archiviare e per portare avanti l’impegno di arrivare alla verità che tutti ci siamo assunti. – ha detto  durante la conferenza stampa il Presidente Giulietti –  Per ragioni di procedura resteranno fuori le molte altre associazioni che in questi anni si sono impegnate a non archiviare. Penso alla Rete Nobavaglio, Libera, Libera Informazione, Articolo 21, Legambiente, Associazione Stampa Rom ana, Associazione Amici di Roberto Morrione, Amnesty International Italia. Il loro contributo resterà comunque prezioso”.

“Bisogna mettersi a lavorare subito, per evitare che questa pausa e i 180 giorni concessi per raccogliere nuove prove si trasformino in una semplice attesa”, ha detto Mariangela Gritta Gainer, ex parlamentare e già membro della commissione d’inchiesta sul caso alpi, oggi presidente dell’associazione che porta il nome della giornalista uccisa in Somalia.  L’invito a mettersi subito al lavoro è stato raccolto in tempo reale dal direttore del Tg3, Luca Mazzà, che ha annunciato la volontà di dare più spazio possibile alle inchieste, alle interviste e alle ricostruzioni giornalistiche anche in un lavoro comune con le altre testate Rai, in una sorta di task force sul modello di quanto è stato messo in piedi per l’omicidio di da Daphne Caruana Galizia con il consorzio investigativo europeo dei giornalisti d’inchiesta.


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