Falcone e Borsellino avrebbero potuto essere uccisi nello stesso giorno: l’inquietante mistero dell’ultimo giorno di Giovanni Falcone nel libro di Edoardo Montolli
Nei “I diari di Falcone”, in libreria dal 17 maggio, si parla dell’ultimo viaggio a Palermo del 23 maggio 1992 di Giovanni Falcone. L’autore prende spunto dalle due agende elettroniche del giudice, su cui venne svolta una consulenza entrata e uscita in fretta dai processi sulla strage di Capaci. Da una di queste e da alcune testimonianze l’autore ricostruisce come Falcone avesse deciso da tempo di partire il 23 maggio ma, per ragioni non note, decise di comunicarlo solo all’ultimo: aveva infatti prenotato un aereo di linea per il 22 maggio alle ore 19. Secondo l’autore i mafiosi tenevano sotto controllo solo gli aerei di linea, ma lunedì 18 maggio si erano fatti sfuggire comunque l’arrivo del giudice a bordo di un aereo sul quale viaggiava anche Paolo Borsellino. Confrontando le agende dei due magistrati, l’autore rivela tuttavia come Borsellino partì da Roma per Palermo proprio alle 19 del 22 maggio. Per due volte in cinque giorni, dunque, se Falcone non avesse cambiato per ragioni misteriose il suo programma, i boss avrebbero avuto la possibilità di uccidere insieme i due magistrati. Solo un caso? È quanto si domanda Montolli nel libro “I diari di Falcone”.
Borsellino, a fine maggio ‘92, avrebbe dovuto prendere in mano l’inchiesta sulla strage di Capaci, su cui già indagava.
Un documento dell’ambasciata americana, riportato in un vecchio volume, racconta come a fine maggio 1992 il ministero della giustizia inviò da Paolo Borsellino il magistrato Liliana Ferraro, vice di Falcone agli Affari Penali, per affidare al magistrato l’inchiesta su Capaci sulla quale, secondo tale documento, Borsellino già indagava. L’incontro, racconta Montolli è confermato dall’agenda grigia di Borsellino. Ma, come rammenta all’autore Fabio Repici, avvocato del fratello del magistrato, Salvatore Borsellino, non è mai emerso nei processi su via D’Amelio. Al centro del libro “I diari di Falcone” ci sono le agende elettroniche di Giovanni Falcone, entrate e uscite troppo rapidamente dai processi sulla strage di Capaci, nonostante le richieste di approfondimento dei due consulenti che se ne occuparono: e cioè l’ingegnere Luciano Petrini (assassinato nel 1996, il colpevole non è mai stato preso) e il vicequestore aggiunto Gioacchino Genchi. Proprio a Genchi Montolli dedicò nel 2009 il volume “Il caso Genchi”, accolto dalle polemiche e da un diluvio di richieste di sequestro e cause penali e civili. Da allora l’autore ha studiato le consulenze che Genchi e Petrini depositarono a Caltanissetta nel 1992, tra mille ostacoli ed episodi misteriosi ripresi dal libro. Una di esse fu trovata cancellata dopo il sequestro e in modo non accidentale. Ne “I diari di Falcone” vengono ricostruiti fatti mai emersi sugli impegni del giudice e quanto gli accadde negli ultimi giorni di vita.
Dalle agende elettroniche di Giovanni Falcone, nuovi inquietanti misteri sulla strage di Capaci. Negli ultimi sei mesi il giudice annotò tutti i suoi impegni su due databank. Ma troppe cose non tornano. Con un’intervista inedita all’avvocato Salvatore Petronio che difese Salvatore Biondino, l’uomo considerato il trait d’union tra Riina e il commando. Le agende di Giovanni Falcone entrarono e uscirono velocemente nella vicenda della strage di Capaci.
A distanza di molti anni, dopo processi, depistaggi, falsi testimoni, morti sospette, e diversi interrogativi irrisolti, questo libro recupera materiali rivelatori che sono stati trascurati nelle inchieste della magistratura e che invece aiutano a capire che cosa è successo quel 23 maggio 1992. E perché.
Le agende personali fanno paura: quella di Borsellino è scomparsa e quelle di Falcone, esaminate dai periti Gioacchino Genchi e Luciano Petrini (morto troppo presto), nonostante strane interruzioni, pongono domande decisive: sugli incontri del giudice con funzionari russi per indagare sui finanziamenti clandestini del Pcus; su come sia stato possibile che la mafia sapesse il giorno e la data del suo viaggio a Palermo; sul suo misterioso viaggio a Washington; su dove sia stato tra il 28 aprile e il primo maggio prima dell’attentato; e molte altre ancora. In questa meticolosa inchiesta, l’autore mette in relazione fatti, testimonianze, appunti personali, e traccia un quadro inedito che apre nuovi scenari sulla morte del giudice, dimostrando come essa vada inserita all’interno di una più generale strategia di destabilizzazione che ha interessato il nostro paese alla fine della Prima repubblica.
Edoardo Montolli è autore di diversi libri inchiesta. Due li ha dedicati alla strage di Erba: Il grande abbaglio (con Felice Manti, Aliberti 2008) e L’enigma di Erba (Rcs Periodici 2010).
Ne Il caso Genchi (Aliberti 2009) ha raccontato i retroscena di numerose vicende politiche e giudiziarie degli ultimi trent’anni. Scrive di crimini per vari giornali e di attualità per il settimanale “Oggi”. Ha pubblicato i thriller Il boia (Hobby & Work 2005), La ferocia del coniglio (Hobby & Work 2007) e L’illusionista (Aliberti 2010). Il suo sito è www.frontedelblog.it