Il Papa ai partecipanti all’assemblea della Pontificia Accademia per la Vita: «la dignità umana irrevocabile», è sacro proteggere l’innocente non nato e il povero dalla miseria
«Fragile e malata», «ferita, offesa, avvilita, emarginata, scartata». «È sempre vita umana», e merita il rispetto della sua «qualità etica e spirituale» e di non essere svilita ad elemento da laboratorio, analizzata solo in base ad «aspetti fisici, chimici e meccanici». Papa Francesco riflette sul tema della vita in tutte le sue sfaccettature e in tutte le sue fasi – quella «concepita», quella «in gestazione» e «venuta alla luce», la vita «adolescente, adulta, invecchiata» e consumata» – con i partecipanti all’assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita (PAV), dal titolo “Uguali alla nascita? Una responsabilità globale” , che prende il via oggi fino al 27 giugno in Vaticano.
Nel suo lungo discorso il Pontefice ribadisce «l’irrevocabile dignità della persona umana» e stigmatizza «il lavoro sporco della morte», quello che ognuno di noi compie «quando consegniamo i bambini alla privazione, i poveri alla fame, i perseguitati alla guerra, i vecchi all’abbandono». Da dove viene tutto questo? «Viene dal peccato», afferma il Papa. Viene dal «male» che «cerca di persuaderci che la morte è la fine di ogni cosa, che siamo venuti al mondo per caso e siamo destinati a finire nel niente. Escludendo l’altro dal nostro orizzonte, la vita si ripiega su di sé e diventa bene di consumo».
Non solo: così facendo si finisce come Narciso, il personaggio della mitologia antica innamorato di se stesso tanto da ignorare il bene degli altri, senza neppure rendersene conto. E va diffondendosi «un virus spirituale assai contagioso, che ci condanna a diventare uomini-specchio e donne-specchio, che vedono soltanto sé stessi e niente altro». «È come diventare ciechi alla vita e alla sua dinamica, in quanto dono ricevuto da altri e che chiede di essere posto responsabilmente in circolazione per altri», ammonisce Francesco.
Come rimedio propone una «bioetica globale» che tenga conto di una «visione olistica della persona», a partire dalla accettazione ognuno del proprio corpo che «ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri esseri viventi». «L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune; invece una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio sul creato», dice il Pontefice. Bisogna allora… Continua su sanfrancesco
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