Venerdì 22 Giugno, la Guardia Costiera italiana ha indicato ai comandanti delle imbarcazioni che si trovano nelle acque antistanti la Libia, di “rivolgersi al Centro di Tripoli ed alla Guardia costiera libica per richiedere soccorso”. Questa indicazione è inattuabile, perché in conflitto con il diritto e le capacità operative della Libia.
La Libia non ha un governo stabile in grado di garantire i diritti fondamentali dell’uomo. Pertanto indicarla come approdo sicuro contravviene la Convenzione SAR di Amburgo del 1979 ed la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos) del 1982. Inoltre, la Guardia Costiera Libica non offre garanzie di rispetto umanitario dei migranti, in quanto accusata (Rapporto di Amnesty International) di “condotte violente durante le intercettazioni in mare e collusione con i trafficanti”. Oltre a quanto detto, vi è anche un ostacolo concreto, visto che la Libia non ha una centrale operativa nazionale per coordinare gli interventi di soccorso in mare.
Questo significa che bambini, donne e uomini – senza soccorso – moriranno affogati, come già è successo dal 1993 per 34.361 persone.
I dati dell’UNHCR aggiornano questa drammatica lista con altri ben 220 morti, solo tra il 19 ed il 20 giugno. Morti che continueranno purtroppo ad aumentare se la nostra Guardia Costiera interromperà le missioni, che l’hanno resa famosa per generosità e impegno e che ci hanno fatto essere orgogliosi di essere italiani.
Pertanto, chiediamo che la Guardia Costiera italiana riprenda il soccorso in mare per la dignità della nostra Nazione.
Chi conta su silenzio, paura e indifferenza della pubblica opinione si sbaglia.
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