Quella di Chico Forti è una storia davvero drammatica, una vicenda riporta l’attenzione su alcune inaccettabili falle del tanto stimato sistema giudiziario americano. Chico Forti, imprenditore italiano di Trento, ex campione di windsurf, produttore di cortometraggi, dopo un processo di ventiquattro giorni, il 15 giugno 2000 è stato ritenuto colpevole di omicidio da una giuria popolare della Dade County di Miami e da quel momento vive in carcere.Forti si trovava a Miami all’epoca dell’omicidio dello stilista Versace e del suicidio di Cunanan e decise di realizzare un filmato sulla morte di Cunanan avvalendosi della collaborazione di un investigatore della polizia di Miami. Dopo tre mesi della realizzazione de “Il sorriso della medusa” fu ucciso, con la stessa modalità di Versace, l’australiano Dale Pike, figlio di un albergatore con cui Chico era in affari.
Dopo essere stato interrogato per rispondere dell’omicidio Pike senza l’assistenza di un legale e senza informare l’ambasciata italiana (in violazione della convenzione di Vienna), Chico Forti fu giudicato colpevole “per aver personalmente e/o con altra persona o persone allo Stato ancora ignote, agendo come istigatore e in compartecipazione, ciascuno per la propria condotta partecipata, e/o in esecuzione di un comune progetto delittuoso, provocato, dolosamente e preordinatamente, la morte di Dale Pike”. Al processo sono state manipolate le testimonianze, costruite ad arte “prove circostanziali”, e fuorviata la giuria con false dichiarazioni. La sentenza finale lasciò esterrefatti coloro che seguirono il dibattimento processuale. Diversi test provarono l’estraneità di Chico all’omicidio, ma l’accusa suppose che fosse il mandante, il tutto esibendo sempre e soltanto sospetti, senza alcuna prova attendibile.
La quantità dei dubbi che scaturiscono nella valutazione delle “prove circostanziali” non fa che alimentare il sospetto che si sia trattato di una sentenza già scritta. Intanto Chico ha perso tutto quello che aveva: suo padre morì di crepacuore nel 2001 dopo un anno dal suo arresto, sua moglie lo lasciò avendo perso le speranze di rivederlo libero. Da 12 anni non può vedere nessuno dei suoi tre figli e i suoi parenti hanno devoluto tutti i beni per pagare le salatissime parcelle dei legali, senza il minimo risultato. Articolo 21 ha pubblicato un video che ricostruisce questo drammatica e assurda storia che coinvolge un nostro connazionale condannato all’ergastolo e che ha il diritto di dimostrare la propria innocenza, per riacquistare il bene più grande che un essere umano possiede: La Libertà.