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Libano. Lo schiaffo di Trump alla causa palestinese e il peso dei rifugiati. Il grido del patriarca maronita Bechara Rai

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In un Medio Oriente sempre più in fiamme, un grido di condanna per le continue provocazioni di Trump e l’arroganza di Israele, arriva dalla carismatica figura del patriarca maronita Bechara Rai, incontrato a Beirut pochi giorni dopo lo spostamento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme. Il timore di una ebraizzazione di Gerusalemme, la condanna di una politica distruttiva imposta dall’esterno e nascosta dietro il pretesto di esportare la democrazia, la difficile gestione dei quasi due milioni di rifugiati siriani in Libano, sono alcuni dei temi che il patriarca libanese ha toccato e condannato con decisione in questa nostra intervista.

Che ne pensa dello spostamento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme?

Noi abbiamo fatto una dichiarazione contro questo atto perché questo vuol dire che il presidente Trump ha dato uno schiaffo alla causa palestinese e uno schiaffo alla comunità internazionale perché tutti erano contrari.  Per noi è molto pericoloso, questo vuol dire ebraizzare Gerusalemme. La posizione della chiesa, già dal 1920, è stata quella di considerarla una città aperta, internazionale. Poi, c’è stata nel ’48 una decisione all’Onu, accettata da Israele, che definiva Gerusalemme città internazionale, corpus separatum, aperto a tutti, e quindi nessuna delle religioni può mettervi mano, nè tantomeno uno uno Stato. Trump ha dato uno schiaffo a tutto questo, aprendo, di conseguenza, una nuova guerra. Sta distruggendo tutto. Non ha rispettato nessuno. Mi dispiace per gli Stati Uniti considerati il paese della democrazia, della libertà, del rispetto dei diritti umani. Noi rifiutiamo questa azione, abbiamo già fatto un rifiuto ufficiale. Abbiamo tenuto un vertice cristiano musulmano qui in Libano, la nostra posizione è stata di condanna e ho partecipato anche a quello di al Azhar in Egitto e poi a Vienna. Insieme ai vescovi, abbiamo fatto una dichiarazione: non possiamo accettare che Israele metta mano su questa città alla quale hanno diritto ebrei, cristiani e musulmani e l’umanità e non potete dare a Gerusalemme un volto ebraico. Purtroppo Trump l’ha fatto, senza rispetto per nessuno.

Come giudica i risultati delle elezioni del 6 maggio in Libano e il successo del partito di Hezbollah?

Bene,75 su 128, va bene, ci sono tanti giovani, c’è una bella rappresentanza e poi prima si soffriva per i deputati cristiani, voi sapete che qui è assicurato e garantito il numero, 128 deputati, metà cristiani e metà musulmani, distribuiti secondo le comunità e secondo le località. C’è una rappresentanza di tutti, questa è rispettata, cambiano le figure ma per esempio, qui il 50% sono maroniti, sono garantiti. Prima, nelle zone dove la maggioranza è musulmana, i cristiani venivano eletti dai musulmani, i cristiani potevano eleggere con i loro voti 35-36 su 64, adesso 57 per i voti cristiani. Quindi, la nuova legge, malgrado i difetti che ci sono dentro, è buona. Vediamo, ci sono figure nuove.

L’emergenza rifugiati in Libano, a che punto è? Quasi due milioni di rifugiati siriani, come viene vissuta questa situazione?

E’un grande peso per il Libano, 1milione e 750mila, i registrati, e aumentano con le nuove nascite, ogni anno 20 mila-40mila, ricordiamo che sono tutti musulmani sunniti, i cristiani sono pochi o vengono ospitati dagli amici, o hanno alloggiato in una casa o vivono nei centri delle chiese, ma quando parliamo di profughi sono sunniti. Per i musulmani il matrimonio è fatto per procreare, quindi le nuove nascite rappresentano un grave problema economico, sociale, politico, religioso, culturale. Stanno lì, il tempo gioca contro di noi perché si radicano, bisogna dargli scuole, università, strutture, elettricità, acqua, strade, sanità, già abbiamo un terzo dei libanesi sotto il livello della povertà, il 60% dei rifugiati, è sotto il livello della povertà. Dove andiamo? Stiamo distruggendo il Libano. La comunità internazionale dice:”Bravi i Libanesi”, ma continuano le guerre. Cessate le guerre!Non ha più senso, la guerra in Siria non ha più senso. Non parlano di pace, Papa Francesco parla di pace, i capi di Stato non parlano di pace, parlano di come eliminare Bashar, come cambiare il regime, come fare i propri interessi. Mai, la parola pace non esiste mai sulle loro labbra e noi portiamo il peso di tutto questo. Umanamente parlando siamo con loro, sono esseri umani, io ho sempre pensato che poteva accadere a me o alla mia famiglia, però non possiamo continuare così, per il beneplacito degli interessi dei grandi. Papa Francesco ha definito la guerra in Siria, già dall’inizio, “commercio di armi”, fabbricano armi, vogliono occuparli, creano guerre, un ottimo commercio, una vergogna per la comunità internazionale. Non ha più senso la guerra in Siria. Si giustificano dicendo che il dittatore va rovesciato, ma non tocca a loro farlo, tocca al popolo siriano, al popolo iracheno decidere. Lasciate che siano i popoli a decidere.  Voi volete la democrazia? Lasciate che siano i popoli a decidere. Potete aiutarli sotto il controllo delle organizzazioni dell’Onu, potete controllarli, va bene, ma non potete fare la guerra giustificandovi con la necessità di cambiare il regime o il dittatore!

Cosa fa la Chiesa, che lei rappresenta come maronita, in Medio Oriente, per la pace?

Prega, e questa non è una cosa riduttiva, e fa sentire la sua presenza. Non siamo fuggiti, anche ad Aleppo, i vescovi sono rimasti tutti, purtroppo due sono spariti ma il maronita c’è, il malichita c’è, il siro-cattolico c’è, il latino c’è e sono rimasti lì! Vescovi, sacerdoti, suore, sono rimasti lì, resistendo e cercando di aiutare la gente a rimanere. Però questo quanto può durare, non tutti hanno doveri verso i rifugiati. Fanno del loro meglio per poterli aiutare, sia attraverso gli aiuti che vengono da fuori, sia con aiuti personali. Non vogliamo che il Medio Oriente perda la perla cristiana, noi abbiamo creato 1400 anni di vita in comune con l’Islam, nel Medio Oriente abbiamo creato la moderazione musulmana. L’Islam del Medio Oriente è differente, tutti quelli che fanno la guerra, al-Qaida, al-Nusra, Daesh, i mercenari, non sono del Medio Oriente, tutte le atrocità non sono del Medio Oriente. Abbiamo creato la moderazione dell’Islam ma adesso, se i cristiani vengono meno, prevarrà fondamentalismo. C’è l’integralismo, c’è il terrorismo e purtroppo l’Occidente non se ne rende conto, non dà valore ai cristiani, dà valore alle sue strategie economiche ma i Cristiani sono il sale di questo Medio Oriente. Quindi, che facciamo? Rimaniamo, cerchiamo di rimanere, con le nostre scuole, ospedali, università, in Libano c’è tutto. Non siamo fuggiti. Questo è l’importante. Quando Daesh è entrato nell’Iraq, siamo andati a visitare gli iracheni per vedere come stavano e con loro c’erano i loro vescovi e i loro religiosi, vivevano sotto le tende insieme a loro e hanno cercato di mantenerli. Queste sono guerre “imposte “, imposte dal di fuori, per forza, a cominciare dall’Iraq, perché i grandi fanno i loro interessi e inoltre c’è anche gente di poca intelligenza purtroppo. E questo io lo dico ai libanesi, che cosa volete se poi vi ammazzate, adesso, vi ammazzate perché? Fate l’interesse di chi? Tutti quanti siete Allah Akbar, perché sunniti e sciiti vi distruggete, voi, le vostre patrie, le vostre nazioni? Faccio questa domanda quando incontro gli ambasciatori.

Noi dobbiamo convivere. Noi trasmettiamo i nostri valori a loro e accettiamo i loro valori. Abbiamo una vita in comune. Dal di fuori arriva una politica per gli interessi dei grandi e, nascosta sotto la parola democrazia,  distrugge un paese dopo l’altro. L’Iraq era un paese molto progredito, la Siria anche. Per forza, fanno la guerra per forza, e sostengono Daesh e al-Nusra, e come la chiamano in Occidente? ‘L’opposizione’. Daesh, al-Qaeda, al-Nusra, l’opposizione. Bugie, bugie, bugie. Queste organizzazioni terroristiche, arrivano, vivono tra la gente, bombardano, prendono la popolazione come scudo e se si risponde ammazzano il popolo.

Protagonista indiscusso del dialogo interreligioso nello scenario politico mediorientale, Sua Beatitudine il Cardinale Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti del Libano e di tutto l’Oriente, nasce il 25 febbraio 1940 nell’arcieparchia di Antélias, a Himlaya. Compie gli studi secondari presso i Gesuiti, al Collège Notre Dame de Jamhour e dopo aver acquisito i voti religiosi nell’ordine maronita della Beata Vergine Maria, nel 1962 viene inviato a Roma per seguire i corsi di filosofia e di teologia alla Pontificia Università Lateranense, dove consegue il dottorato in diritto canonico e la licenza in sacra teologia. A Roma dirige lo scolasticato mariamita e assume l’incarico di responsabile dei programmi in lingua araba di Radio Vaticana.
Viene ordinato sacerdote il 3 settembre 1967 e il 2 maggio 1986, Papa Giovanni Paolo II lo nomina vescovo di Cesarea di Filippo e Ausiliare del Patriarcato di Antiochia. Lo stesso Papa Wojtyla lo nominerà vescovo di Jbeil dei Maroniti il 9 giugno 1990. Nel 2009, il Sinodo maronita, gli assegna la presidenza della commissione per le comunicazioni sviluppo del network televisivo e con questo ruolo promuoverà lo sviluppo del canale TéléLumière-Noursat. Nel 2011 assume la presidenza della Conferenza episcopale libanese e del Consiglio dei patriarchi cattolici orientali. Il 15 marzo 2012 viene eletto nuovo patriarca dal sinodo della chiesa maronita di cui assume anche la presidenza. Viene nominato cardinale dal concistoro del 24 novembre 2012, presieduto da Benedetto XVI.  Il 15 febbraio 2017 papa Francesco gli concede il titolo di avvocato rotale. Nel novembre 2017 compie una visita storica per le relazioni islamo-cristiane in Arabia Saudita, invitato dal principe Ibn Salman. Pur non essendo stata organizzata per risolvere l’affaire Hariri, durante questa visita, Sua Beatitudine riuscirà comunque ad incontrare il premier libanese e a convincerlo a tornare in Libano. Il 29 maggio scorso ha incontrato il premier francese Emmanuel Macron, ponendogli la questione dei quasi due milioni di rifugiati siriani che il Libano stenta a sostenere. Convinto assertore del dialogo interreligioso che caratterizza un paese multiconfessionale come la terra dei cedri, il cardinale Bechara Rai, ha sempre espresso senza mezzi termini le sue posizioni. 


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