Non ho visto da parte della sinistra – e del PD in particolare – nessun coinvolgimento vero nella vicenda del bracciante sindacalista Soumayla Sacko, ammazzato con un proiettile alla testa, mentre cercava un pezzo di lamiera in una fabbrica abbandonata, per farsi un rifugio che reggesse alla pioggia.
Questa brutale uccisione potrebbe essere invece l’occasione per aprire finalmente gli occhi sul ritorno alla schiavitù nei campi, fabbriche e città, che fa comodo a tutta la parte garantita della società. Per contrastare questo declino ci vogliono azioni di forte impatto politico. Per esempio, lanciare un “Piano Sacko” di auto-recupero di edifici rurali dismessi o sequestrati alla criminalità, per trasformarli in alloggi civili dei braccianti, per non vedere più tende e baracche. Assumere giovani ispettori, da mandare regolarmente nei campi a contrastare il caporalato ai danni di italiani e stranieri. Per non parlare dei cantieri edili e di ogni altro contesto lavorativo dove l’abuso è conosciuto e tollerato con l’apposita mancanza di personale di controllo.
Con queste lotte di giustizia dovrebbe ricostruirsi l’identità e la credibilità della sinistra e il PD in particolare. Perché gli sfruttati esistono ancora. Anzi, stanno aumentando man mano che si concentra la ricchezza degli sfruttatori della grande distribuzione. Lasciare qualche sindacalista solo nelle lande della neo-schiavitù significa la resa dei diritti al profitto. E questo è inaccettabile.
Meno convegni e più sostegni. Ogni sfruttato è mio fratello e va liberato. Voglio una sinistra che dica questo in modo chiaro.
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