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La libertà e l’autonomia dei media nella sfida democratica al nuovo scenario politico

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Le ultime pagine di queste settimane, che hanno contrassegnato l’avvio del primo governo di “rottura” con quelle che un tempo si definivano le “Forze costituzionali” (in quanto storicamente seppure con nomi diversi avevano partecipato all’elaborazione della nostra Costituzione), sono state pagine contrassegnate da un rancore politico e mediatico senza precedenti. La rottura dell’Arco Costituzionale, avvenuta dopo più di 25 anni dalla prima crepa istituzionale, quella provocata dalle inchieste di Tangentopoli, si è consumata ad opera di due giovani formazioni politiche, guidate da altrettanti giovani leader: la Lega di Salvini, ormai non più padana né ancorata al Nord separatista ma con radici in tutta la penisola; e i 5Stelle del duo Grillo-Di Maio, la vera organizzazione moderna del “non-partito”, il movimento popolare che si confronta e decide sul WEB.

La risposta dei partiti ”tradizionali”, come il PD e Forza Italia, finora egemoni del panorama politico e governativo, è stata isterica, fuori dalle righe e spesso demandata ai media, che ne hanno amplificato le voci fino a trasformarsi quest’ultimi in megafoni impropri (scritti, radiotelevisivi, online che fossero).

Gran brutta pagina per l’autonomia e la libertà di stampa, proprio nel momento più delicato, istituzionalmente parlando, del passaggio da un sistema di alleanze tradizionali in qualche modo “digerite” dai mercati finanziari ed europei, ad un novo scenario politico, che neppure nei paesi dell’Unione più sovranisti ed euroscettici si era ancora realizzato.

Evaporati come neve al sole, i partiti che per 25 anni si erano confrontati, annusati, stilettati, alleati non proprio consensualmente e, comunque, mai alla luce del sole, ecco che tutti i mezzi dello scenario politico pubblico si sono dimostrati spuntati. Manifestazioni, proclami, interviste, partecipazioni ai talk show, articolesse e lunghi editoriali al vetriolo. Tutto quest’armamentario da “Prima/Seconda Repubblica” si è scontrato però contro la diga spontanea che hanno creato le chat dei Social Network, sui quali non hanno brillato tanto i sostenitori dell’alleanza “giallo-verde”, quanto gli elettori di centrodestra e centrosinistra delusi dalle rispettive compagini, uscite perdenti al voto del 4 Marzo.

Scorrazzando sui post di tanti internauti sconosciuti e di altri in qualche modo più noti, si potevano riscontrare giudizi di preoccupazione per il futuro, ma anche di critica aspra contro i mercati, i burocrati eurocrati di Bruxelles, i leader PD e Forza Italia, ritenuti responsabili di questi 10 anni di crisi economica e sociale. Ma tutti erano orientati al rispetto delle regole di alternanza democratica. Anche le critiche al presidente Mattarella erano improntate al rispetto per la sua figura istituzionale (altro che richiesta di impeachment!), ma comunque lo spronavano a riconoscere che le due compagini uscite vincenti dalle urne formassero un governo, sia pure stemperandone le posizioni euroscettiche e sensibili all’uscita dall’Eurozona.

Se i media principali avessero letto con attenzione quello che il “popolo del WEB” stava inondando nella Rete e scambiandosi tra persone di opposte idee politiche, ma con serenità e rispetto reciproci, forse avrebbero stemperato le loro allarmanti analisi catastrofistiche, cominciando una serie riflessione sul come e perché l’Italia è arrivata a questo punto. Anche i giudizi e gli scenari prospettati sui mercati finanziari sarebbero stati meno angoscianti e più legati alla realtà della dinamica degli andamenti di Borse e Spread. Avrebbero disvelato il ruolo aggressivo che “paesi amici” e istituzioni europee “di garanzia” stavano giocando, proprio per determinare il libero sviluppo della contendibilità democratica nel nostro paese, rischiando di far crollare Unione ed Eurozona.

Il provincialismo e la scarsa autonomia di giudizio dei media italiani nell’analizzare il panorama politico interno fa da contraltare all’analogo provincialismo che dimostriamo nell’analizzare gli scenari geopolitici. Mancanza di autonomia di giudizio, troppi legami agli interessi di editori purtroppo “non puri” (come invece esistono nel resto dell’Occidente), ma dettati da interessi bancari, energetici, assicurativi, edilizi e più propriamente politici.

Ora, la sfida per tutti gli operatori dei media tradizionali ed online è proprio quella di riuscire ad immergersi nel “mare magnum” di un’Italia trasformata, trasfigurata, dilaniata da un decennio di crisi tremenda non solo economica, ma ideale, culturale e sociale; oltre che dall’impoverimento progressivo non solo delle classi operaie, ma anche dei ceti medi produttivi, dei pensionati (22 milioni di persone!), dei giovani senza obiettivi occupazionali decenti a portata di mano.

E’ la tenuta del sistema democratico, che questi strati sociali avevano finora garantito, che sta rischiando il collasso.

Solo restando liberi, autonomi e con la schiena dritta, con la curiosità e l’onestà di non strumentalizzare le realtà anche le più scioccanti in funzione antisistema, anche “disubbidendo civilmente” ai propri editori di riferimento, si potrà ridare vigore al nostro sistema liberale di confronto democratico e fornire gli strumenti intellettuali alle formazioni, oggi sconfitte e senza gruppi dirigenti all’altezza dei tempi, che dovranno giocoforza rinnovarsi, per contendere, in un domani non necessariamente lontano, il potere all’attuale maggioranza giallo-verde. Così si difende la nostra libertà d’informazione e con essa le libertà democratiche e i diritti civili. E si rafforzerà un’Unione Europea che va riformata dalle fondamenta.


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