Cosa stia succedendo veramente ad Aleppo è sempre più difficile da verificare. Da due giorni le comunicazioni sono interrotte, ma appare evidente che la richiesta fatta dall’opposizione armata di imporre una “no-fly zone” sulla Siria porta con sé il messaggio che la superiorità aerea del regime sta facendo la differenza. Dalle poche notizie riferite dai giornalisti presenti nella più popolosa città siriana si intuisce che nonostante tutto i ribelli resistono ma che la loro posizione si è complicata.
“Mentre continua il flusso di rifugiati e di sfollati – riferiscono fonti umanitarie della MISNA – le notizie parlano di scenari differenti per ognuna delle tre grandi città siriane. Aleppo sembra quella messa peggio con intensi combattimenti in corso, a Homs è la città vecchia ad essere circondata dall’esercito, mentre negli altri quartieri la vita sembra avere un tono di normalità; a Damasco alcune zone sono ancora isolate e per far fronte alla penuria di elettricità le autorità stanno razionando l’erogazione di corrente”.
La “no-fly zone” è richiesta dal capo del Consiglio nazionale siriano, Abdel Basset Sida, e il governo – forte ancora del sostegno di Mosca e Pechino – cerca di trarre vantaggio dalla sua superiorità bombardando i quartieri sotto controllo ribelle, in particolare ad Aleppo.
Nel frattempo, Assad è ricomparso in pubblico alla cerimonia di giuramento del nuovo primo ministro Wael al-Halqi, in sostituzione di Riyad Hijab, fuggito in Giordania. A fare le spese del conflitto, oltre ai civili, negli ultimi giorni sono anche i giornalisti: due reporter siriani sono stati uccisi a Damasco, una terza vicina al regime è stata presa in ostaggio dai ribelli.
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